Un’enorme discarica sul fondo del Mediterraneo

Sembra la scena di un film post apocalittico, ma in realtà si tratta del fondo del Mediterraneo. Le immagini sono state ottenute da un robot creato per l’esplorazione sottomarina che ha svelato una discarica subacquea dove si può trovare quasi di tutto.

Ci sono mobili da cucina, barche, copriwater, materassi, alberi di Natale, indumenti, pneumatici, mattoni, bambole, scarpe, tappetini per auto e persino un’automobile, rovesciata e semisepolta a oltre 500 metri di profondità. I ricci di mare e i pesci utilizzano la spazzatura come rifugio e i granchi camminano sul fondo del mare trascinando pezzetti di plastica.

Si tratta di una delle maggiori concentrazioni di rifiuti registrate in acque profonde, secondo gli autori di uno studio pubblicato sul Scientific Reports. La discarica si trova sul fondo dello stretto di Messina e la concentrazione di rifiuti è “sorprendente”, come affermano gli autori dello studio effettuato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e dall’Università La Sapienza di Roma. Il record di maggiore concentrazione di immondizia è stato riscontrato sul versante siciliano, dove hanno rinvenuto 200 rifiuti in soli 10 metri.

La ricerca mette in guardia su un tipo di inquinamento che è ancora poco conosciuto, spiega Martina Pierdomenico, ricercatrice del CNR e coautrice dello studio. “Le acque costiere e le spiagge dei paesi in via di sviluppo potrebbero avere più rifiuti di quelli che abbiamo trovato qui, ma quelli sono ambienti più accessibili. D’altra parte, la nostra conoscenza della spazzatura sui fondali profondi è molto limitata a causa delle difficoltà tecniche di studio e del costo delle campagne marine“, afferma la donna. “Poiché sono state esplorate nuove aree, questo problema si è rivelato molto più grande di quanto pensassimo e ora si crede che i fondali marini possano ospitare il maggior accumulo di rifiuti della Terra“, sottolinea la ricercatrice.

La maggior parte dei rifiuti sono arrivati da terra. La valle sottomarina di Messina corre tra due catene montuose, una sul versante siciliano, l’altra su quello calabrese. Su entrambi i versanti sono presenti delle fiumare, le quali in estate si prosciugano e vengono utilizzate come discariche illegali. Dopodiché, le piogge torrenziali fanno il resto del lavoro e portano i rifiuti al mare.

Il robot sommergibile POLLUX III ha percorso 6,4 chilometri della valle sottomarina a profondità comprese tra i 240 e i 580 metri. Si è potuto notare che maggiore è la profondità, maggiori sono i rifiuti accumulati. Il limite operativo del veicolo è di 600 metri, ma i ricercatori ritengono che l’accumulo di immondizia possa essere ancora maggiore nelle acque più profonde. Il maggior numero di rifiuti ritrovati è di plastica (70%), seguiti da materiale da costruzione, abbigliamento e metallo. I sacchetti di plastica e le confezioni usa e getta sono di gran lunga il rifiuto più comune (52% del totale).

Il team di ricercatori ora vuole analizzare l’impatto che questi rifiuti possono avere sulla fauna selvatica. “La plastica può durare fino a 500 anni in mare ed è una fonte inquinante persistente che è tossica per la fauna marina e che può anche accumularsi nei loro tessuti. Inoltre, si è potuto osservare che l’accumulo di plastica sul fondo del mare può impedire lo scambio di gas con le acque più in superficie, il che suppone un ulteriore rischio per la fauna del fondo marino”, afferma Martina Pierdomenico.

Una cattiva gestione dei rifiuti in Sicilia e in Calabria può spiegare gran parte del problema, affermano gli autori della ricerca. A ciò si aggiunge il fatto che il Mediterraneo è un mare predisposto ad accumulare rifiuti sotto le sue acque. Si tratta di un bacino quasi chiuso con grandi città e industrie sulle coste, con un grande traffico marittimo e con un limitato scambio di acqua attraverso lo stretto di Gibilterra. L’accumulo di immondizia in profondità aumenta anche perché la piattaforma continentale presenta sono numerosi canyon sottomarini. “Altre zone di questo mare hanno una geografia fisica simile, come il Mar Ligure o il Golfo del Leone, infatti, nelle recenti esplorazioni dei canyon di fronte a Nizza sono stati trovati accumuli di rifiuti a circa 2.000 metri di profondità “, afferma la ricercatrice.

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