“Una persona cattiva non diventerà mai un buon professionista”
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La teoria delle intelligenze multiple è stata ideata dallo psicologo statunitense Howard Gardner in contrapposizione al paradigma di un’intelligenza unica.
Gardner sostiene che la vita umana richiede lo sviluppo di diversi tipi di intelligenza. Lo psicologo e i suoi collaboratori affermano che l’intelligenza accademica (ottenere qualifiche e meriti educativi) non sia un fattore decisivo per conoscere la vera intelligenza di una persona.
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Un buon esempio di questa affermazione si può osservare nelle persone che, nonostante abbiano ottenuto delle qualifiche accademiche, presentano dei problemi importanti quando si tratta di interagire con gli altri, o quando si tratta di gestire determinati aspetti della propria vita.
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In pratica, secondo questi esperti si potrebbe dire che un matematico o un fisico non possiedono una maggiore intelligenza di un calciatore o di un commesso, ma che, semplicemente, hanno sviluppato un tipo di intelligenza diversa. Di fatto, Gardner è arrivato a pensare che l’intelligenza non esista, ma che esistono nella realtà molte intelligenze indipendenti.
L’uomo sostiene che sia stupido classificare gli umani tra intelligenti e sciocchi, perché ognuno di noi è unico e inclassificabile e che si può vivere tranquillamente senza filosofia, solo che si vive peggio.
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Secondo Gardner esistono sette tipi di intelligenza: linguistico/verbale, logico-matematica, musicale, intrapersonale, interpersonale, visivo/spaziale e cinestesica.
Lo psicologo si permette di questionare sull’intelligenza che viene determinata dai test perché, essendo uno scienziato, ha avuto modo di fare diversi esperimenti durante i quali ha valutato l’intelligenza delle persone ed ha scoperto che alcune sono molto brave a risolvere i problemi, però hanno dei problemi nel momento in cui devono spiegare la soluzione, mentre ad altre succede esattamente il contrario. Per questo afferma che i test di intelligenza non misurano realmente le nostre capacità, ma solo le capacità che abbiamo per risolverli.
In seguito, l’uomo ha cominciato a farsi delle domande riguardanti l’etica dell’intelligenza e del perché le persone considerate vincenti e di successo nella politica, nella finanza, nella scienza, nella medicina o altri campi, facessero cose cattive nei confronti degli altri e, spesso, nemmeno troppo buone per se stesse.
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Così, ha dato il via ad una ricerca scientifica che ha coinvolto 1200 individui, durante la quale hanno avuto la certezza che il miglior professionista è sempre un ECE: eccellente, impegnato ed etico. In pratica ha scoperto che una cattiva persona non potrà mai essere un eccellente professionista, anche se in possesso delle competenze tecniche.
Questo perché è impossibile arrivare all’eccellenza se non si riesce ad andare oltre al fatto di cercare di soddisfare il prorpio ego, la propria ambizione o la propria avarizia e se non ci si impegna in obiettivi che vanno al di là delle necessità personali per andare incontro a quelle di tutti.
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Chi non rispetta questi principi, potrà anche essere tecnicamente preparato e magari riuscirà anche ad essere benstante, ma mai eccellente.
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