La storia dell’uomo più intelligente che sia mai esistito e il motivo per cui non ne hai mai sentito parlare

Essere considerati dei veri e propri geni ed avere molta fama e popolarità non è sempre sinonimo di avere una vita facile e felice e questo lo dimostra la storia di William James Sidis, l’uomo più intelligente che, probabilmente, ha messo piede su questa Terra.

Si tratta della persona con il quoziente intellettivo più alto mai misurato nella storia, poichè pari a 254 punti. Basti pensare che Albert Einstein aveva un Q.I. di 160, mentre quello di Isaac Newton corrispondeva a 190 e, al giorno d’oggi, il punteggio più alto lo detiene Terence Tao, matematico e professore dell’Università della California, che ha un Q.I. pari a 230.

Wikimedia Commons/Wikimedia Commons

William James Sidis, figlio di due immigrati ucraini di religione ebraica che si conobbero negli Stati Uniti, nacque a New York nel 1898; Boris Sidis, suo padre, era un noto professore di psicologia all’università di Harvard, mentre la madre, Sarah Mandelbaum Sidis, nel 1897 si laureò in medicina presso l’università di Boston.

Entrambi i suoi genitori, in particolar modo il padre che applicò le proprie conoscenze in psicologia per potenziare un’elevata capacità intellettuale nel figlio, lo incoraggiarono ad avvicinarsi precocemente alla conoscenza, ma questo metodo venne ben presto criticato dai media e, con il passare degli anni, venne rivalutato anche da loro stessi.

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A soli 18 mesi il piccolo William era in grado di leggere il quotidiano statunitense “The New York Times” e a 8 anni sapeva correntemente otto lingue, tra cui latino, greco, francese, russo, tedesco, ebraico, turco e armeno che imparò da autodidatta e, oltre a queste, inventò un proprio idioma che decise di chiamare “Vendergood”.

Consapevole della sua eccezionale intelligenza, il padre provò ad iscrivere il proprio figlio all’università di Harvard quando aveva solamente 9 anni, ma la richiesta venne rifiutata poiché il bimbo era troppo piccolo. Tuttavia solo un paio di anni dopo, grazie ad un particolare programma che permetteva l’iscrizione precoce a studenti dotati, William venne ammesso e ancora oggi, dal 1909, risulta essere lo studente più giovane che ha frequentato questo rinomato ateneo.

Solo un anno più tardi le competenze matematiche di William erano talmente elevate da riuscire a tenere delle lezioni sui corpi quadridimensionali e, proprio in quell’occasione, si guadagnò il titolo di “bambino prodigio”. A 16 anni ottenne la laurea, ma la fama e le pressioni della famiglia possono essere estenuanti soprattutto se vissute in giovane età e, per questi motivi, subito dopo decise di rilasciare una dichiarazione ai giornalisti nella quale espresse la sua volontà di vivere una vita privata lontana dai riflettori e di voler rimanere per sempre celibe.

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In seguito il giovane si iscrisse all’Harvard Graduate School of Arts and Sciences, ma, a causa di minacce da parte di altri studenti, i genitori decisero di mandarlo in un istituto in Texas per lavorare come assistente all’insegnamento della matematica. Al tempo William aveva 17 anni e oltre a insegnare lavorava per ottenere il proprio dottorato, ma la sua esperienza presso il William Marsh Rice Institute for the Advancement of Letters, Science, and Art durò solo un anno, poiché alcuni suoi studenti iniziarono a prenderlo di mira e il dipartimento decise che il giovane non aveva le doti adeguate per poter insegnare.

Purtroppo, dopo questi avvenimenti, il ragazzo decise di abbandonare gli studi e nel maggio del 1919 partecipò ad una manifestazione per la giornata dei lavoratori dove venne arrestato a causa delle sue idee politiche. Chiaramente la notizia fece molto rumore, soprattutto dopo che il ragazzo affermò di essere un socialista obiettore di coscienza e di non credere nell’esistenza di Dio. Anche in questo caso intervennero i suoi genitori che riuscirono a fargli evitare il carcere, ma lo rinchiusero per un anno all’interno del proprio sanatorio nel New Hampshire e in seguito lo mandarono in California dove per un altro anno dovette sottostare a rigide regole.

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Questi due anni di restrizioni lo fecero allontanare ancora di più dai suoi familiari e, anche per questo, trascorse gli anni successivi in completa solitudine, mantenendosi con dei piccoli lavoretti e scrivendo sotto falsi nomi un numero significativo di libri, articoli e saggi attraverso i quali parlò di un’ampia gamma di argomenti.

Questa persona tanto intelligente che avrebbe potuto cambiare il mondo morì all’età di 46 anni a causa di un’emorragia cerebrale, la stessa sindrome neurologica che anni prima causò la morte di suo padre.

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