“La briglia della comare”: la tortura che puniva il pettegolezzo nel Medioevo

La briglia è un arnese che, da sempre, si utilizza per indirizzare i cavalli. Viene posta sulla testa dell’animale ed è composta da un morso che viene inserito nella bocca del cavallo e dalle redini che sono attaccate al muso e che consentono di guidarlo. Ma, di fatto, in passato esisteva un altro tipo di briglia che veniva utilizzata per torturare le donne pettegole.

Sin dall’antichità, le punizioni corporali venivano utilizzate per punire, disciplinare o correggere il comportamento di una persona considerato scorretto. Durante il Medioevo, furono creati molti strumenti per torturare, umiliare e far confessare chi avesse sbagliato, le persone credevano che il dolore potesse determinare l’innocenza o la colpa di chiunque e, purtroppo, non c’erano leggi per proteggere i prigionieri e gli imputati dalla tortura.

Molte donne venivano torturate anche per le cose più banali come l’essere “pettegole” e, proprio per questo, venne realizzato uno strumento di tortura chiamato “mordacchia” o “briglia della comare” (Scold’s bridle).

La briglia della comare era una sorta di museruola composta da una struttura di ferro che serviva a racchiudere la testa della persona e da una piastra che veniva inserita in bocca per bloccare la lingua. Si trattava di uno strumento atto a punire chi avesse la lingua un po’ troppo lunga. Solitamente, chi veniva sottoposto a questa tortura veniva portato al guinzaglio per le strade della città per essere umiliato pubblicamente, chiunque lo vedesse aveva il diritto di insultarlo, di sputargli addosso e anche di colpirlo violentemente.

Questo strumento di tortura e umiliazione veniva utilizzato soprattutto sulle donne per impedire loro di parlare e di mangiare. Si trattava di donne che appartenavano ad una classe sociale bassa e, nella maggior parte dei casi, chi infliggeva la punizione erano gli stessi mariti. Questo capitava quando, per esempio, una moglie veniva maltrattata dal proprio consorte ed andava a dirlo ad altre persone, oppure, quando metteva in discussione l’autorità del proprio sposo.

By Anagoria [GFDL or CC BY 3.0 ], from Wikimedia Commons
Le donne aristocratiche e nobili, al contrario, potevano tranquillamente spettegolare su chiunque senza rischiare di dover subire queste violenze ed umiliazioni.

Nel 1567, Bessie Tailiefeir fu accusata di diffamazione nei confronti di Baillie Thomas Hunter di Edimburgo, per aver detto in giro che l’uomo aveva imbrogliato sulle misurazioni di alcuni terreni. Fu torturata per essere stata “pettegola” ed è stata la prima donna ad aver provato questo strumento.

Sulla piastra che serviva a bloccare la lingua, a volte, veniva anche posizionata una punta di ferro che provocava delle lacerazioni ad ogni minimo movimento.

La punizione era molto violenta perché, a quei tempi, per le donne parlare pubblicamente e spettegolare era visto come un atto immodesto. Queste donne venivano viste come una minaccia per le autorità e andavano fermate. Questo strumento fu utilizzato nel sedicesimo e diciassettesimo secolo in Inghilterra, Scozia e Galles, dopodiché venne esportato anche in Germania dove venne aggiunta una campana per attirare ancor di più attenzione della gente mentre la malcapitata veniva portata per le strade. A volte, questa maschera delle torture veniva utilizzata anche sugli uomini che si rendevano colpevoli di calunnie.

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