Il mistero dei fuochi fatui: la sorprendente verità sul fenomeno delle fiamme nei cimiteri

Condividi l'articolo

Un fenomeno tra scienza e folklore

Da secoli, i fuochi fatui hanno ispirato leggende e superstizioni in tutto il mondo. Queste misteriose fiammelle bluastre o verdastre, che danzano nell’ombra di cimiteri e paludi, hanno incantato e spaventato l’umanità. Ma che cosa sono davvero questi scintillii che appaiono e scompaiono come per magia?

Come si manifestano i fuochi fatui?

I fuochi fatui appaiono come piccole fiamme tremolanti, solitamente di colore azzurro o verde, che fluttuano a pochi centimetri dal suolo. Si muovono in modo irregolare, quasi come se avessero volontà propria, seguendo le correnti d’aria e svanendo quando ci si avvicina. La loro luce è debole, visibile soprattutto nell’oscurità totale, e raramente durano più di pochi minuti.

“È come se fossero anime intrappolate tra due mondi” – diceva il folklore medievale, associandoli agli spiriti dei defunti.

La spiegazione scientifica: chimica e decomposizione

La scienza moderna ha spiegato il mistero. I fuochi fatui sono un fenomeno naturale dovuto all’autoaccensione dei gas rilasciati dalla decomposizione della materia organica. Questi gas principali sono:

  • Metano (CH₄): prodotto dalla decomposizione anaerobica;
  • Fosfina (PH₃): un composto di fosforo altamente infiammabile;
  • Idrogeno solforato (H₂S): riconoscibile dall’odore di uova marce.

Quando questi gas fuoriescono dal terreno e incontrano l’ossigeno, possono incendiarsi spontaneamente grazie a un processo chiamato chemiluminescenza fredda, che genera luce con pochissimo calore.

Perché nei cimiteri?

I fuochi fatui compaiono spesso nei cimiteri per ragioni scientifiche. Questi luoghi sono:

  1. Carichi di materia organica in decomposizione;
  2. Costantemente disturbati da nuove sepolture, che facilitano il rilascio dei gas;
  3. Ricchi di fosforo, proveniente dalle ossa umane.

Il fosforo delle ossa, combinato con l’idrogeno prodotto dalla decomposizione, forma la fosfina, un gas che si autoaccende a contatto con l’ossigeno, dando origine alle tipiche fiamme verde-bluastre.

Condizioni ideali per l’osservazione

I fuochi fatui si manifestano solo in condizioni particolari:

  • in notti umide e senza vento;
  • a pressioni atmosferiche elevate;
  • in terreni ricchi di materia organica in decomposizione;
  • in zone paludose o in antichi cimiteri.

La rarità di queste condizioni aumenta il mistero che avvolge questo fenomeno.

Fuochi fatui nel mondo

Il fenomeno è noto in molte culture con nomi suggestivi:

  • Will-o’-the-wisp in Inghilterra;
  • Feu follet in Francia;
  • Irrlicht in Germania;
  • Fuochi di Sant’Elmo in Italia (anche se tecnicamente sono un fenomeno diverso);
  • Hitodama in Giappone, considerate manifestazioni visibili dell’anima.

Scienza moderna e investigazioni

Nonostante la spiegazione chimica sia consolidata, studiare i fuochi fatui in laboratorio risulta difficile per la loro natura effimera. Recenti ricerche, tramite spettroscopia avanzata, hanno confermato la presenza di fosforo e zolfo durante il processo di combustione.

Nel 2012, un esperimento dell’Università di Saragozza è riuscito a riprodurre in laboratorio condizioni simili, dimostrando come la decomposizione anaerobica di materiale organico ricco di fosforo possa produrre gas autoaccendibili in particolari condizioni atmosferiche.

Come distinguere un vero fuoco fatuo

Non tutte le luci misteriose sono autentici fuochi fatui. Per riconoscere un vero fuoco fatuo, bisogna osservare:

  • una colorazione blu-verdastra;
  • movimenti fluttuanti e imprevedibili;
  • la breve durata del fenomeno;
  • l’assenza di calore significativo.

Fenomeni come la bioluminescenza dei funghi, i riflessi di luci artificiali o la combustione di legno marcio possono essere scambiati per fuochi fatui.

La scienza ha spiegato questo straordinario fenomeno, ma i fuochi fatui continuano a incantare chi li osserva, dimostrando come la natura possa creare spettacoli apparentemente magici, celati dietro processi chimici complessi.

Torna in alto