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Physarum polycephalum: l’organismo unicellulare che risolve labirinti e progetta reti come una metropolitana

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Immagina un organismo senza cervello e senza nervi, capace però di prendere decisioni, ottimizzare percorsi e risolvere problemi complessi. Non è fantascienza: esiste davvero e si chiama Physarum polycephalum, noto anche come “muffa viscida”. Questa creatura sorprendente è un grande corpo unicellulare di colore giallo vivo, che striscia lentamente su tronchi umidi e superfici nutrienti. A prima vista, sembra solo una macchia gelatinosa, ma in azione rivela una forma di intelligenza emergente che lascia a bocca aperta.

Tecnicamente è un plasmodio, una singola, enorme cellula con migliaia di nuclei. Si muove con pulsazioni ritmiche, spingendo il suo citoplasma avanti e indietro come un respiro vitale. Durante il suo cammino, costruisce una rete di tubi sottili, simili a vene, che si espandono verso il cibo e si ritraggono dove non c’è nulla di interessante. È un ingegnere naturale: esplora innumerevoli percorsi, li confronta e mantiene solo quelli più efficienti. Non segue un piano, ma semplici regole locali, e dal loro intreccio nascono comportamenti che sembrano incredibilmente “pensati”.

Uno degli esperimenti più famosi lo ha messo alla prova in un labirinto. Posizionando del cibo alle due estremità, la muffa ha iniziato a espandersi ovunque, riempiendo ogni singolo corridoio. Poi, lentamente, è accaduta la magia: i rami inutili si sono ritirati, lasciando prosperare solo la connessione più breve e diretta tra le due fonti di nutrimento. Il risultato è la mappa vivente del percorso ottimale, scoperta non con la logica, ma attraverso un processo di tentativi, errori e una memoria fisica impressa nello spessore dei suoi stessi tubi.

Ancora più sbalorditiva è la sua abilità da urbanista. In un celebre studio, alcuni ricercatori hanno disposto dei fiocchi d’avena su un piatto, replicando la posizione delle principali città intorno a Tokyo. Il Physarum ha costruito una rete per collegarli tutti, creando un sistema che, per efficienza e robustezza, era sorprendentemente simile alla reale rete ferroviaria di Tokyo. La muffa ha bilanciato perfettamente costi e benefici, dimostrando come un sistema decentralizzato possa generare soluzioni geniali.

Questa “intelligenza” non risiede in una mente, ma nel corpo stesso. La memoria del Physarum è geometrica: i percorsi più utili diventano più spessi e robusti, mentre quelli inefficienti si assottigliano fino a scomparire. È il suo corpo a “ricordare” le esperienze passate e a usarle per guidare le scelte future. Quando due organismi si fondono, le loro reti si uniscono, condividendo le informazioni apprese. È come se la loro conoscenza fosse letteralmente incorporata nella loro struttura fisica.

E non è neanche una vera “muffa”. Non appartiene al regno dei funghi, ma a quello dei protisti. Eppure, ci insegna qualcosa di fondamentale su cosa sia l’intelligenza. Non serve un cervello per risolvere problemi: a volte bastano regole semplici e un’organizzazione dal basso. Il Physarum ci mostra che “pensare” può essere un’azione del corpo, un calcolo distribuito che prende forma e si muove nel mondo.

Ecco alcune delle sue caratteristiche più incredibili:

  • È una singola cellula, ma può crescere fino a estendersi per metri quadrati, diventando visibile a occhio nudo.
  • Se viene tagliata a pezzi, i frammenti possono ritrovarsi e fondersi di nuovo in un unico organismo.
  • Si muove lentamente, ma con una determinazione sorprendente, ottimizzando ogni suo passo per risparmiare energia.
  • In laboratorio, i suoi principi vengono studiati per ispirare algoritmi di logistica e progettazione di reti resilienti.

La lezione del Physarum va oltre la biologia. Ci dimostra che la complessità non nasce sempre da un centro di comando, ma può emergere dal basso, dall’interazione di tanti elementi semplici. È una creatività silenziosa, fatta di flussi e forme in continuo cambiamento. Questa muffa urbanista ci insegna che le soluzioni più eleganti spesso nascono dalla pazienza e dall’esplorazione. È un algoritmo vivente, che ci ricorda come, a volte, per costruire sistemi efficienti, robusti e intelligenti, non serva un piano dall’alto, ma la capacità di ascoltare, adattarsi e lasciare che la soluzione emerga da sola.

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