Immagina un intero Paese che, in una sola notte, stravolge un’abitudine radicata da generazioni: il lato della strada su cui guidare. Questa non è la trama di un film, ma la storia vera del Dagen H, il “Giorno H”, avvenuto in Svezia il 3 settembre 1967. Quel giorno, la nazione passò dalla guida a sinistra alla guida a destra in una delle più incredibili operazioni di ingegneria civile e sociale del Novecento. La lettera H stava per Höger, “destra” in svedese, simbolo di un cambiamento epocale.
Per decenni, la Svezia aveva mantenuto la guida a sinistra, un’eredità storica. Tuttavia, la stragrande maggioranza delle auto in circolazione, circa il 90%, aveva il volante a sinistra, essendo importate da altri Paesi europei e dagli Stati Uniti. Questo creava situazioni paradossali e pericolose: il guidatore, seduto vicino al bordo della strada, aveva una visibilità pessima durante i sorpassi. A rendere tutto più complesso c’era il fatto che i Paesi confinanti — Norvegia, Finlandia e Danimarca — avevano già la guida a destra. Ogni attraversamento di frontiera era un vero e proprio rompicapo logistico e un rischio per la sicurezza.
La spinta al cambiamento non fu popolare. Nel 1955 si tenne un referendum e l’esito fu schiacciante: l’83% degli svedesi votò per mantenere la guida a sinistra. Eppure, il governo, con una decisione coraggiosa e controversa, scelse di ignorare il voto popolare, motivando la scelta con la necessità di allinearsi al resto d’Europa e, soprattutto, di migliorare la sicurezza stradale. La decisione fu pianificata per anni, supportata da una campagna di comunicazione senza precedenti. La grande H bianca e blu divenne un’icona, apparendo su cartelloni, spot televisivi e persino cartoni del latte. Una canzone, “Tieniti a destra, Svensson”, divenne una hit nazionale, martellando il messaggio nelle menti di tutti.
La notte tra il 2 e il 3 settembre 1967, la Svezia trattenne il respiro. Alle 4:50 del mattino, tutto il traffico non essenziale fu fermato per legge. Per dieci minuti, un silenzio surreale calò sulle strade di tutto il Paese. In quell’intervallo di tempo, ogni veicolo doveva spostarsi con estrema cautela dall’altro lato della carreggiata e fermarsi. Alle 5:00 in punto, il segnale di via libera fu dato e il traffico riprese a scorrere, per la prima volta, sul lato destro. Nelle grandi città come Stoccolma, il blocco del traffico privato durò più a lungo per gestire la transizione in modo più sicuro.
Dietro quei dieci minuti si nascondeva uno sforzo logistico colossale. Nella sola notte del cambio, circa 360.000 segnali stradali furono sostituiti o modificati da migliaia di operai e volontari, coordinati come un’orchestra. Le strisce pedonali vennero ridisegnate, gli incroci riorganizzati e, soprattutto, le fermate degli autobus spostate. Per risolvere il problema dei passeggeri, migliaia di autobus furono sostituiti con modelli nuovi con le porte sul lato destro, mentre altri furono convertiti con enormi costi. Ogni dettaglio era stato meticolosamente pianificato.
Il risultato più sorprendente fu ciò che accadde dopo. Contrariamente a ogni previsione catastrofica, il numero di incidenti stradali crollò drasticamente. Il lunedì successivo al Dagen H si registrarono solo 125 incidenti, nessuno mortale, un dato molto inferiore alla media. Non fu una magia, ma l’effetto di una prudenza estrema. Ogni automobilista, consapevole del cambiamento epocale, guidava con una concentrazione mai vista prima. L’intero Paese si trasformò in una gigantesca scuola guida a cielo aperto. Sebbene nei mesi seguenti i tassi di incidentalità tornarono gradualmente alla normalità, l’operazione dimostrò che fu l’aumento dell’attenzione collettiva a fare la differenza.
Il Dagen H non fu solo un’impresa tecnica, ma uno straordinario esperimento sociale in cui milioni di persone accettarono di cooperare per un obiettivo comune, superando abitudini profondamente radicate. Fu un successo di pianificazione, comunicazione e coordinamento che rese le strade svedesi più sicure e integrate con il resto del continente, tanto che l’Islanda ne seguì l’esempio due anni dopo. Questa storia ci dimostra una lezione tanto semplice quanto potente: quando siamo consapevoli di un pericolo o di una difficoltà, diventiamo istintivamente più attenti e prudenti. E a volte, è proprio questa attenzione a cambiare tutto.
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