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Progetto Habakkuk: La Colossale Portaerei di Ghiaccio che Churchill Voleva per Vincere la Battaglia dell’Atlantico

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Immagina l’Oceano Atlantico durante la Seconda Guerra Mondiale. Sotto le onde, i sottomarini tedeschi, i terribili U-Boot, cacciano in branco, seminando morte e distruzione tra i convogli di rifornimenti diretti in Gran Bretagna. Le navi di scorta sono poche, gli aerei hanno un’autonomia limitata e in mezzo all’oceano non esistono piste di atterraggio. In questo scenario disperato, mentre acciaio e alluminio scarseggiano, nasce un’idea folle, quasi fantascientifica: costruire gigantesche portaerei fatte di ghiaccio.

Il piano prese il nome di Progetto Habakkuk, ispirato a un versetto della Bibbia che avverte di un’opera così incredibile da non essere creduta nemmeno se raccontata. La mente dietro a questa visione era Geoffrey Pyke, un inventore brillante e fuori dagli schemi. Il materiale di questo sogno era il pykrete, un composto rivoluzionario ottenuto mescolando acqua con una piccola percentuale di segatura. Il risultato era un materiale prodigioso: più duro del cemento, resistente agli urti e incredibilmente lento a sciogliersi, grazie alle fibre di legno che agivano da isolante e da legante interno.

Per convincere gli scettici vertici militari, si narra che durante una riunione ad alto livello, un ammiraglio sparò un colpo di pistola contro un blocco di ghiaccio puro, mandandolo in frantumi. Poi sparò contro un blocco di pykrete: il proiettile rimbalzò, sfiorando un altro ufficiale. La dimostrazione, tanto pericolosa quanto efficace, catturò l’attenzione di Winston Churchill, che diede subito il suo appoggio al progetto. L’obiettivo non era una semplice nave, ma una vera e propria isola galleggiante lunga oltre 600 metri, una fortezza inespugnabile con murate spesse decine di metri, capace di resistere ai siluri e di ospitare centinaia di aerei.

Per testare la fattibilità, nell’inverno del 1943, in Canada, sul Patricia Lake, venne costruito un prototipo. Si trattava di una chiatta di circa 18 metri, realizzata in pykrete e dotata di un piccolo impianto di refrigerazione. La struttura resistette per tutta l’estate, dimostrando che l’idea non era solo una fantasia. Lo scienziato Max Perutz, futuro premio Nobel, fu coinvolto negli studi per comprendere il comportamento del materiale, scoprendo però la sfida più grande: il ghiaccio, anche quello rinforzato, tende a deformarsi lentamente sotto il suo stesso peso.

Questo, insieme ad altri ostacoli, segnò il destino del progetto. Governare un colosso da due milioni di tonnellate avrebbe richiesto motori potentissimi e un enorme sistema di refrigerazione per mantenerlo solido anche in acque temperate. La logistica era un incubo e i costi stavano lievitando. Nel frattempo, la guerra cambiava pelle: l’aumento delle portaerei di scorta tradizionali, la creazione di nuove basi aeree e il miglioramento delle tecnologie antisommergibile resero le isole di ghiaccio meno necessarie. Nel 1944, il Progetto Habakkuk fu ufficialmente cancellato.

Oggi, sul fondo del Patricia Lake, riposano i resti di quel sogno di ghiaccio. Il progetto non fu un fallimento, ma una potentissima lezione di pensiero laterale. Non si costruì mai una portaerei indistruttibile, ma l’idea di trasformare acqua e segatura in un’arma strategica rimane una delle pagine più audaci e affascinanti nella storia della tecnologia. Una testimonianza di come, di fronte all’impossibile, l’ingegno umano non conosca limiti, spingendosi a immaginare soluzioni dove nessuno aveva mai osato guardare.

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