Evitare carne e prodotti lattiero-caseari è il “modo migliore” per ridurre l’impatto dell’uomo sulla Terra

Una nuova ricerca ha mostrato che possiamo salvare la Terra cambiando le nostre abitudini alimentari. Diminuendo il consumo di carne e latticini, l’uso dei terreni agricoli potrebbe essere ridotto di oltre il 75%, un’area che corrisponde agli Stati Uniti, alla Cina, all’Europa e all’Australia messi insieme.

La causa principale dell’attuale estinzione di massa della fauna selvatica, è dovuta proprio alla perdita di spazi dedicati alle specie in via d’estinzione, i quali sono invece occupati da terreni agricoli. Secondo questa ricerca l’80% di questi terreni viene utilizzato per il bestiame con il quale si producono solo il 18% delle calorie e il 37% delle proteine, ma di fatto, in agricoltura genera il 60% delle emissioni di gas serra.

In parole povere, non c’è la necessità di produrre e “utilizzare” tutta questa carne che non fa altro che danneggiare l’ambiente. La produzione di carne e di prodotti caseari provoca molti più di danni rispetto alla coltivazione di ortaggi e cereali ed a rivelarlo è uno studio pubblicato sulla rivista Science che si è basato su quasi 40 mila aziende agricole situate in 119 Paesi e con il quale sono stati valutati 40 prodotti alimentari che rappresentano il 90% di tutto ciò che viene mangiato. È stato determinato il pieno impatto di questi alimenti, dalla fattoria alla tavola, dall’uso dei terreni, dalle emissioni dei cambiamenti climatici, dall’uso di acqua dolce e dall’inquinamento idrico (eutrofizzazione) e dall’inquinamento atmosferico (acidificazione).

“Una dieta vegana è probabilmente l’unico modo per ridurre l’impatto dell’uomo sulla Terra, non solo per quanto riguarda i gas serra, ma anche l’acidificazione globale, l’eutrofizzazione, l’uso dei terreni e l’uso dell’acqua”, ha spiegato Joseph Poore, dell’Università di Oxford nel Regno Unito, che ha guidato la ricerca.

“L’agricoltura è un settore che copre tutta una moltitudine di problemi ambientali”, ha affermato. “In realtà sono i prodotti animali che sono così tanto responsabili di questo problema. Evitare il consumo di prodotti animali offre benefici ambientali di gran lunga migliori rispetto all’acquisto di carne e latticini sostenibili”.

L’analisi ha anche rilevato un’enorme variabilità tra i diversi modi di produrre lo stesso cibo, questo dipende dalla zona e dal produttore. Ad esempio, i bovini allevati su terreni disboscati producono 12 volte più emissioni di gas e occupano 36 volte più terreno rispetto ad un’azienda che coltiva piselli. Se una buona parte della carne e della produzione lattiero-casearia venisse sostituita da alimenti a base vegetale, potrebbe apportare numerosi benefici sia all’uomo che all’ambiente.

Ridurre l’impatto ambientale dell’agricoltura non è facile, Poore ha avvertito: “Ci sono oltre 570 milioni di aziende agricole che hanno bisogno di metodi leggermente diversi per ridurre il loro impatto. È una sfida ambientale davvero difficile ma con i 550 miliardi che vengono spesi ogni anno in sussidi agricoli e forse molto di più, si potrebbe fare qualcosa”.

Aggiungere delle etichette sui prodotti sarebbe un buon inizio, i consumatori potrebbero scegliere di consumare opzioni meno dannose ma, probabilmente, sarebbero necessari dei sussidi per gli alimenti sani e delle tasse sul consumo e la produzione di carne e prodotti caseari. “Adottando una dieta vegana possiamo fare qualcosa in più per l’ambiente che riducendo i voli o acquistando auto elettriche. Le emissioni si ridurrebbero del 73%, la produzione alimentare crea enormi oneri ambientali che non sono conseguenza necessaria dei nostri bisogni, ma possono essere ridotti significativamente modificando il modo in cui produciamo e ciò che consumiamo”, ha concluso Joseph Poore.

Una sorpresa del lavoro svolto è stata il grande impatto della piscicoltura intensiva in acqua dolce, ovvero l’allevamento di pesci, crostacei e molluschi, in aree confinate e controllate dall’uomo. Poore ha spiegato che questo metodo fornisce due terzi di pesce in Asia e il 96% in Europa, ma in questo modo tutti i pesci, i crostacei e i molluschi depositano escrementi e mangime non consumato sul fondo delle vasche, producendo così il metano che è un potente gas serra.

La ricerca ha anche rilevato che la carne allevata ad erba, nonostante si pensi che abbia un’influenza relativamente bassa sull’ambiente, è ancora responsabile di impatti molto più elevati rispetto agli alimenti di base vegetale: “Convertire erba in carne è come convertire il carbone in energia. Viene fornito con un enorme costo in termini di emissioni”, ha detto Poore.

La nuova ricerca ha ricevuto elogi da parte di altri esperti del settore alimentare. Il Prof. Gidon Eshel ha dichiarato: “Sono rimasto sbalordito. È davvero importante essere a conoscenza di tutto questo. La ricerca è ben fatta”.

Ha spiegato che i precedenti studi sulla quantificazione degli impatti dell’agricoltura, compreso il suo, si basavano su dati a livello nazionale e non sulle aziende: “È molto rassicurante vedere che hanno prodotto essenzialmente gli stessi risultati, ma il nuovo lavoro ha molti dettagli importanti che sono profondamente rivelatori”.

Il prof. Tim Benton, dell’Università di Leeds nel Regno Unito, ha dichiarato: “Questo è uno studio estremamente utile. Riunisce una quantità enorme di dati e questo rende le sue conclusioni molto più solide. Il modo in cui produciamo, consumiamo e sprechiamo cibo è insostenibile da una prospettiva planetaria. Data la crisi globale dell’obesità, mangiando meno prodotti del bestiame e più verdura e frutta, potremmo condurre una vita più sana e migliorare la salute del pianeta”.

Anche il dott. Peter Alexander, dell’Università di Edimburgo nel Regno Unito, è rimasto colpito da questa ricerca, ma ha evidenziato: “Ci possono essere benefici ambientali, ad esempio per la biodiversità, dal pascolo sostenibile gestito e l’aumento del consumo di prodotti animali può migliorare l’alimentazione per alcuni dei più poveri a livello globale. La mia opinione personale è che dovremmo interpretare questi risultati non come necessità di diventare vegani, ma piuttosto per moderare il consumo di carne”.

Poore ha dichiarato: “La ragione per cui ho iniziato questo progetto era per capire se c’erano produttori di allevamenti sostenibili e, durante i quattro anni di studi, ho smesso di consumare prodotti animali. Questi impatti non sono necessari per cambiare il nostro attuale stile di vita. La domanda è quanto possiamo ridurre il consumo di prodotti che danneggiano l’ambiente e la risposta è: molto”.

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