Perché l’olfatto umano riconosce trilioni di odori: il funzionamento dei recettori nasali e il confronto con i supercomputer

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Il senso dell’olfatto umano è uno dei misteri più affascinanti della biologia. Spesso lo sottovalutiamo rispetto alla vista o all’udito, ma la nostra capacità olfattiva nasconde potenzialità sorprendenti che superano di gran lunga anche le più avanzate tecnologie moderne.

Un sistema olfattivo dalle capacità straordinarie

Per molto tempo, gli scienziati hanno pensato che l’essere umano riuscisse a distinguere circa 10.000 odori diversi. Tuttavia, una ricerca pubblicata su Science nel 2014 ha rivoluzionato questa idea, dimostrando che il nostro naso può distinguere fino a un trilione di odori diversi. Per fare un confronto, i nostri occhi possono riconoscere circa 10 milioni di colori: un numero di gran lunga inferiore.

L’architettura molecolare del nostro sistema olfattivo

Come riesce il nostro naso a compiere questa impresa? Il segreto è nei recettori olfattivi. Nell’epitelio olfattivo, situato nella parte alta delle cavità nasali, si trovano circa 400 tipi diversi di recettori, distribuiti su circa 5-6 milioni di cellule olfattive. Ogni molecola odorosa stimola combinazioni uniche di recettori con intensità variabili: questo sistema combinatorio permette al cervello di interpretare una varietà quasi illimitata di odori. In pratica, con 400 recettori attivabili in modi diversi, le possibilità superano facilmente un trilione.

Rappresentazione dei recettori olfattivi umani

Un processore biologico imbattibile

Il nostro sistema olfattivo colpisce anche per la sua efficienza. A differenza dei supercomputer che analizzano composti chimici consumando moltissima energia e spazio, il nostro naso compie operazioni simili con:

  • Un consumo energetico minimo (pochi milliwatt)
  • Uno spazio molto ridotto (pochi centimetri cubi)
  • Una velocità di elaborazione quasi istantanea

I “nasi elettronici” più avanzati non possono ancora competere con la sensibilità e la versatilità del senso dell’olfatto umano. Uno studio della Northwestern University ha mostrato che i nostri recettori olfattivi possono individuare alcune molecole a concentrazioni di appena 0,01 parti per trilione: come riconoscere una goccia di profumo in una piscina olimpionica.

La codifica neurale degli odori

Quando i recettori olfattivi si attivano, inviano segnali al bulbo olfattivo, una struttura del cervello che funge da primo centro di elaborazione. Da qui, le informazioni arrivano in altre aree cerebrali, come l’amigdala (legata alle emozioni) e l’ippocampo (importante per la memoria). Questo spiega perché gli odori riescono a evocare ricordi ed emozioni in modo unico tra tutti i sensi.

A differenza dei computer, che elaborano dati in maniera rigida e sequenziale, il cervello umano usa un sistema distribuito e adattivo. I neuroscienziati dell’Università della California hanno scoperto che il cervello può “ricalibrare” la percezione degli odori a seconda del contesto e delle esperienze precedenti: una forma di apprendimento che i computer non sono ancora riusciti a imitare del tutto.

Evoluzione e olfatto umano

Dal punto di vista evolutivo, l’eccezionale capacità olfattiva degli esseri umani sembra un paradosso. I primati sono considerati animali “visivi” e si pensa abbiano un olfatto meno sviluppato di altri mammiferi, ma studi recenti suggeriscono che noi umani abbiamo mantenuto, e in parte affinato, capacità olfattive eccezionali.

Secondo una ricerca su Nature Communications, questa sofisticazione si deve alla necessità dei nostri antenati di:

  • Riconoscere cibi sicuri e nutrienti
  • Notare la presenza di predatori o pericoli
  • Individuare partner adatti
  • Rafforzare i legami sociali riconoscendo le persone tramite l’odore

Applicazioni pratiche di queste scoperte

Capire il funzionamento dei recettori olfattivi sta aprendo nuove prospettive in diversi campi:

  1. Medicina diagnostica: Sviluppo di test che rilevano malattie (come alcuni tumori o il diabete) grazie a biomarcatori nell’alito.
  2. Sicurezza alimentare: Creazione di sensori ispirati ai recettori olfattivi per individuare cibo avariato o contaminato.
  3. Realtà virtuale: Tecnologie che permettono di vivere esperienze olfattive realistiche negli ambienti virtuali.
  4. Neuroscienze: Comprendere meglio come il cervello elabora informazioni sensoriali complesse.

Misteri ancora da esplorare

Nonostante i grandi progressi, il nostro sistema olfattivo nasconde ancora molti segreti. Gli scienziati dell’Università di Tokyo stanno studiando come varia la genetica dei recettori olfattivi tra le diverse popolazioni umane. Hanno scoperto che due persone possono percepire lo stesso odore in modo completamente diverso, a causa delle differenze nei geni dei recettori: un motivo per cui alcuni amano certi profumi che altri trovano sgradevoli.

Inoltre, ricercatori del Max Planck Institute hanno identificato meccanismi di “adattamento olfattivo” che permettono al cervello di ignorare odori costanti e prestare attenzione agli stimoli nuovi – una caratteristica che i sistemi artificiali stanno ancora cercando di replicare.

Il futuro dell’intelligenza artificiale olfattiva

Ispirandosi al nostro olfatto, ingegneri e scienziati stanno creando nuove tecnologie per l’intelligenza artificiale e l’analisi chimica. Invece di cercare di catalogare ogni possibile odore, i sistemi biomimetici imitano l’approccio combinatorio del nostro naso.

La Cornell University sta sviluppando chip neuromorfi che replicano l’architettura del bulbo olfattivo, con l’obiettivo di produrre sistemi di rilevamento chimico efficienti e versatili come il nostro olfatto, ma anche capaci di individuare sostanze normalmente impercettibili per gli umani.

In conclusione, il nostro naso resta uno dei più avanzati strumenti di analisi chimica al mondo: un capolavoro evolutivo che ancora oggi supera le tecnologie umane per efficienza, versatilità e capacità di elaborazione. La prossima volta che sentite un profumo familiare o l’aroma invitante di un piatto, ricordatevi che state vivendo una delle meraviglie biochimiche più raffinate della natura – un meccanismo che nemmeno i supercomputer più potenti riescono davvero a imitare.

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