Ti sei mai chiesto come mai, durante le eruzioni più potenti, il cielo sopra un vulcano si riempie di fulmini? Non è un film di fantascienza, ma un fenomeno reale e spettacolare che gli scienziati chiamano “tempesta sporca”. Il nome è perfetto: a scatenare i lampi non sono le classiche nuvole di pioggia, ma una colonna “sporca” di cenere, frammenti di roccia e vapore che esplode verso il cielo. In questi momenti, il vulcano si trasforma in una potentissima centrale elettrica naturale, capace di generare uno show di luci tanto affascinante quanto terrificante.
Ma come fa un vulcano a produrre fulmini? La spiegazione è sorprendentemente simile a ciò che accade quando strofini un palloncino sui capelli. Durante un’eruzione esplosiva, il magma si frantuma in miliardi di particelle incandescenti: granelli di cenere, schegge di roccia e goccioline di vetro vulcanico. Questo materiale viene sparato dal cratere a velocità estreme, creando un vortice caotico in cui le particelle si urtano e sfregano senza sosta. Ogni collisione trasferisce minuscole cariche elettriche da una particella all’altra. È la stessa elettricità statica che ti fa prendere la scossa toccando la portiera dell’auto in una giornata secca.
All’interno della violenta colonna eruttiva, le particelle più leggere e piccole vengono trascinate verso l’alto dalle correnti d’aria, mentre quelle più pesanti e grandi tendono a ricadere. Questa separazione naturale, unita ai continui sfregamenti, crea gigantesche aree con cariche elettriche opposte: una zona accumula una carica positiva, un’altra una carica negativa. Quando la differenza di potenziale tra queste due zone diventa insostenibile, l’aria non funge più da isolante e scocca una scintilla colossale: un lampo. Ecco che appaiono i fulmini vulcanici, spesso rapidi e ramificati, che si scatenano a pochi secondi dall’inizio dell’esplosione, proprio vicino alla bocca del vulcano.
Ma non finisce qui. Se la colonna di cenere sale abbastanza in alto da raggiungere le quote più fredde dell’atmosfera, il vapore acqueo presente al suo interno si condensa e congela, formando miliardi di minuscoli cristalli di ghiaccio. Proprio come accade nei normali temporali, anche questi cristalli, urtandosi tra loro, si caricano elettricamente. Questo processo amplifica il fenomeno, generando fulmini ancora più potenti e spettacolari, non solo vicino al cratere, ma anche a chilometri di altezza, all’interno della nube di cenere. Non serve la pioggia: basta la giusta miscela di cenere, vapore, ghiaccio e turbolenza.
La storia è piena di testimonianze che sembrano uscite da un poema epico. Già durante l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., Plinio il Giovane descrisse una colonna di fumo a forma di pino, squarciata da bagliori sinistri. In tempi moderni, fotografi e scienziati hanno immortalato tempeste elettriche incredibili, come quella sul vulcano Eyjafjallajökull in Islanda nel 2010, o sul Krakatoa in Indonesia nel 2018, dove i fulmini erano così frequenti da trasformare la nube nera in un abbagliante albero di luce. Ogni lampo è un segnale visibile dell’immensa energia che la Terra sta liberando.
Oggi i ricercatori studiano questi fulmini con antenne radio e telecamere ad alta velocità. Ogni scarica elettrica emette un impulso radio che può essere “ascoltato” a grande distanza, permettendo di monitorare un’eruzione anche di notte o in aree remote. Misurare la frequenza e la posizione dei fulmini fornisce indizi preziosi sull’intensità dell’eruzione e sulla concentrazione di cenere, informazioni vitali per la sicurezza dei voli aerei e per proteggere le comunità vicine.
Perché, allora, non tutti i vulcani producono fulmini? Servono le giuste condizioni: un’eruzione molto esplosiva, ricca di particelle fini che si scontrano violentemente, e potenti correnti ascensionali per separare le cariche. Le eruzioni più tranquille, quelle che producono lente colate di lava senza grandi esplosioni, raramente hanno l’energia necessaria a innescare questo spettacolo elettrico.
Infine, un dettaglio affascinante: i fulmini vulcanici non sono tutti uguali. Possono avere forme e colori diversi, influenzati dalla composizione chimica della cenere e dei gas. A volte appaiono come sottili ragnatele di luce che si espandono in orizzontale, altre volte come scariche brevi e potentissime. È la firma elettrica del vulcano, unica per ogni eruzione.
La “tempesta sporca”, quindi, non è un mistero inspiegabile, ma il risultato di una fisica potente e primordiale. Dentro quella torre di cenere e fuoco, la Terra ci mostra come la sua energia più profonda può trasformarsi in pura luce, ricordandoci con uno spettacolo mozzafiato quanto sia vivo e dinamico il pianeta sotto i nostri piedi.
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