Nel 1233, Papa Gregorio IX firmò un documento che, senza volerlo, potrebbe aver gettato un’ombra lunga e scura sulla storia europea: la bolla papale “Vox in Rama”. Questo testo, nato per denunciare presunti riti eretici in Germania, descriveva cerimonie sataniche in cui una figura chiave era un inquietante gatto nero, visto come incarnazione del demonio. La bolla non ordinava di sterminare i gatti, ma il suo messaggio fu devastante. In un’epoca dominata dalla paura e dalla superstizione, bastò quella scintilla per accendere un fuoco di diffidenza.
L’associazione tra gatti e stregoneria si radicò profondamente. Questi felini, soprattutto se neri, iniziarono a essere visti come creature malvagie, compagni delle streghe e servitori del male. Sebbene non si sia trattato di un massacro sistematico in tutta Europa — in molte città, infatti, i gatti continuarono a essere apprezzati come cacciatori di topi — il sospetto e la violenza contro di loro aumentarono. Questa paura si sarebbe trascinata per secoli, alimentando il folklore oscuro che ancora oggi sopravvive e trovando un tragico culmine durante le grandi cacce alle streghe.
Circa un secolo dopo, tra il 1347 e il 1351, l’Europa sprofondò in un incubo: la Peste Nera. Una pandemia terrificante, causata dal batterio Yersinia pestis, che si diffuse a una velocità spaventosa. Il principale veicolo del contagio erano le pulci, che infestavano i ratti. Questi roditori prosperavano ovunque ci fosse l’uomo: nei granai, sulle navi mercantili, nelle città affollate e sporche. E qui la storia si fa agghiacciante: in un mondo che aveva iniziato a perseguitare il predatore naturale dei ratti, chi avrebbe potuto limitare la loro proliferazione?
Una teoria affascinante e terribile suggerisce un collegamento diretto. Meno gatti significava più ratti. Più ratti significavano più pulci infette. Più pulci, una diffusione inarrestabile della malattia. Sebbene non sia possibile dimostrare questo legame con certezza assoluta, l’idea che l’ostilità verso i gatti abbia contribuito ad amplificare la tragedia della peste è potente. È come una terribile lezione ecologica impartita dalla storia: eliminare un anello della catena naturale può scatenare conseguenze catastrofiche e imprevedibili.
Tuttavia, gli storici ci invitano alla cautela. La realtà è quasi sempre più complessa di un singolo rapporto causa-effetto. La diffusione della Peste Nera fu una “tempesta perfetta” causata da una moltitudine di fattori: le fitte rotte commerciali che collegavano l’Asia all’Europa, le disastrose condizioni igieniche nelle città medievali, la densità della popolazione e persino i cambiamenti climatici. La persecuzione dei gatti non fu l’unica causa, ma probabilmente un tassello che si aggiunse a un mosaico già drammatico.
Quello che questa storia ci insegna in modo indelebile è il potere delle idee. Un simbolo, come quello del gatto demoniaco, può plasmare la realtà in modi inaspettati. Il gatto, da utile compagno e abile cacciatore, divenne per molti lo specchio di una paura profonda e irrazionale. L’eco di quel timore risuona ancora oggi nella superstizione che perseguita i gatti neri. Questa vicenda, che unisce religione, ecologia e salute, ci ricorda quanto sia fragile l’equilibrio tra uomo e natura e quanto possa essere pericoloso lasciare che la paura prenda il sopravvento sulla ragione. Le nostre credenze, anche quelle su un semplice animale, possono davvero cambiare il corso della storia.
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