1765468917236_OtPEPzoB

Vasa, la nave da guerra svedese che affondò in 20 minuti: storia di un disastro annunciato

Condividi l'articolo

Nel 1628, la Svezia era pronta a lasciare l’Europa a bocca aperta. Il suo sovrano, il re Gustavo II Adolfo, voleva che il mondo intero vedesse la potenza svedese incarnata in una nave da guerra: un gigante dei mari, imponente, riccamente decorato e armato fino ai denti. Nacque così il Vasa, un capolavoro di legno, sculture e bronzo, nonché il più costoso progetto navale nella storia della nazione. Ma dietro tanto sfarzo si nascondeva un segreto fatale: era una nave progettata più per stupire che per navigare.

La sua costruzione fu un percorso a ostacoli, tra pressioni politiche e modifiche dell’ultimo minuto. Il maestro d’ascia, l’esperto olandese Henrik Hybertsson, morì prima di poter completare il suo lavoro. Il Re, non ancora soddisfatto e desideroso di un impatto ancora più devastante, ordinò di aggiungere un secondo ponte di cannoni. Fu una decisione disastrosa. Due file di artiglieria pesante significavano spostare tutto il peso verso l’alto, rendendo la nave pericolosamente instabile. La soluzione sarebbe stata allargare lo scafo o aggiungere tonnellate di zavorra nella chiglia, ma non c’era tempo. E, forse, neanche il coraggio di contraddire il sovrano.

Gli ingegneri, però, sapevano la verità. Poco prima del varo, organizzarono un test tanto semplice quanto inquietante: chiesero a una trentina di marinai di correre da un lato all’altro del ponte per misurare l’inclinazione della nave. Dopo poche corse, il comandante, terrorizzato, fermò la prova. Il Vasa ondeggiava in modo allarmante. Era un avvertimento urlato, ma rimase inascoltato. La bellezza della nave era accecante: decine di statue intagliate e dipinte, un feroce leone dorato a prua, i migliori cannoni in circolazione. Tutta quella ricchezza, però, era concentrata in alto, proprio dove non avrebbe dovuto essere.

Il 10 agosto 1628, il giorno del viaggio inaugurale, una folla festante si radunò sulle banchine di Stoccolma. Il Vasa spiegò le vele, spinto da una leggera brezza. In segno di saluto, i portelli dei cannoni del ponte inferiore furono lasciati aperti. Bastò una raffica di vento, poco più forte delle altre, per inclinare lo scafo sul lato sinistro. Le aperture dei cannoni, posizionate a solo un metro sopra il pelo dell’acqua, finirono sommerse. L’acqua gelida del porto iniziò a riversarsi all’interno, implacabile. In meno di venti minuti, l’orgoglio della Svezia si inabissò davanti agli occhi di tutti, portando con sé circa trenta persone. Una tragedia annunciata.

L’inchiesta che seguì fu un imbarazzo di Stato. La colpa non era di una falla o di un sabotaggio, ma di un catastrofico errore di progettazione e di scelte dettate dall’ambizione. Nessuno fu ufficialmente condannato. Il segreto di una nave stabile è semplice: il suo peso dev’essere concentrato in basso. Il Vasa, invece, era una piramide rovesciata, un colosso con i piedi d’argilla. Quando l’orgoglio sfida la fisica, la fisica vince sempre. L’acqua che entrò dai portelli aperti fu solo il colpo di grazia, che appesantì un lato e accelerò il rovesciamento.

Ma il destino del Vasa non era finito. Nei decenni successivi, coraggiosi palombari riuscirono a recuperare molti dei preziosi cannoni di bronzo, usando primitive campane da immersione. Poi, per tre secoli, il relitto riposò nel fango. Le acque fredde e poco salate del Mar Baltico lo protessero, tenendo lontani i parassiti che divorano il legno. Nel 1956, l’archeologo dilettante Anders Franzén lo localizzò. E il 24 aprile 1961, 333 anni dopo il disastro, il Vasa tornò alla luce in una delle più spettacolari operazioni di recupero della storia.

Oggi il Museo Vasa a Stoccolma è una vera e propria macchina del tempo. La nave, conservata al 98% nella sua forma originale, domina la sala principale. Per anni è stata spruzzata con una soluzione chimica (il polietilenglicole) per sostituire l’acqua nel legno e impedirne il collasso. Attorno a essa, sono esposti migliaia di oggetti ritrovati a bordo: scarpe, abiti, utensili, barili e persino i resti dell’equipaggio. Un dettaglio incredibile rivela la sua vera natura: le statue che oggi appaiono color legno erano originariamente dipinte con colori sgargianti e oro. Il Vasa non era solo una nave da guerra, era un carro allegorico galleggiante, costruito per accecare il nemico con la sua magnificenza.

La sua storia è una lezione immortale. Dimostra che l’ingegneria non perdona l’arroganza e che la bellezza, senza equilibrio, è solo una trappola. Il Vasa è il racconto perfetto di come una decisione sbagliata, presa per ragioni di immagine, possa portare al disastro. Un fallimento spettacolare che, grazie alla scienza e all’archeologia, si è trasformato in una fonte inestimabile di conoscenza, un monito di legno e cannoni, straordinariamente attuale.

Potrebbe interessarti:

Torna in alto