Al largo dell’isola di Yonaguni, nell’estremo ovest del Giappone, le acque del Pacifico nascondono un segreto. Sotto le onde, tra forti correnti e banchi di squali martello, emerge una struttura colossale: terrazze, scalinate e mura di una regolarità sconcertante. È il Monumento di Yonaguni, un complesso roccioso sommerso che, dal giorno della sua scoperta nel 1986, ha scatenato uno dei più grandi misteri dell’archeologia moderna.
Immagina una piramide di pietra lunga 150 metri e larga 40, con gradoni imponenti che sembrano una scalinata monumentale. Angoli quasi perfetti di 90 gradi, corridoi che paiono strade, piattaforme che ricordano piazze. I subacquei hanno dato nomi suggestivi a queste formazioni: la Grande Scalinata, la Piscina Triangolare, la Tartaruga di pietra. Tutto questo giace tra i 5 e i 25 metri di profondità, in un luogo dove l’acqua cristallina può creare illusioni potenti, mostrando forme che appaiono fin troppo perfette per essere naturali.
La domanda è inevitabile: si tratta di una città perduta, costruita da una civiltà sconosciuta e poi sommersa dal mare? O è semplicemente un incredibile scherzo della natura, un’opera d’arte geologica che imita l’architettura umana? La risposta non è affatto semplice, e il fascino di Yonaguni risiede proprio in questo dilemma.
Secondo molti geologi, la spiegazione è interamente naturale. La roccia di Yonaguni è un’arenaria che, per sua natura, tende a fratturarsi lungo linee rette. L’azione millenaria delle faglie tettoniche e l’erosione costante delle correnti marine avrebbero scolpito la roccia, staccando blocchi e levigando superfici con una precisione quasi artificiale. La natura, dopotutto, è una scultrice paziente e può creare forme geometriche sorprendenti, come le colonne esagonali del Selciato del Gigante in Irlanda. Yonaguni sarebbe un capolavoro di geologia, non di architettura.
Tuttavia, c’è chi non è convinto. Alcuni studiosi, tra cui il geologo marino Masaaki Kimura, sostengono che la struttura sia almeno in parte artificiale. Indicano dettagli che considerano impossibili da spiegare con la sola erosione: fori che sembrano alloggiamenti per pali, incisioni che ricordano volti e animali, e una simmetria generale che suggerisce un progetto. Se avessero ragione, Yonaguni riscriverebbe la storia. Per essere stata costruita sulla terraferma, dovrebbe risalire ad almeno 10.000 anni fa, prima che l’innalzamento dei mari alla fine dell’ultima era glaciale la sommergesse. Questo la renderebbe una delle più antiche strutture in pietra del mondo, precedente persino alle piramidi egizie. Il grande ostacolo, però, è la totale mancanza di prove concrete: non sono mai stati trovati utensili, resti umani o segni inequivocabili di lavorazione che possano confermare questa affascinante teoria.
Senza reperti decisivi, l’ipotesi più accreditata dalla comunità scientifica resta quella di una formazione naturale. Eppure, l’impressione di trovarsi di fronte a qualcosa di progettato, a un’opera intelligente, è difficile da ignorare. Guardare il Monumento di Yonaguni è come fissare una nuvola che assomiglia a un volto: la ragione ti dice che è vapore, ma l’istinto vede un disegno.
Il mistero di Yonaguni ha inevitabilmente risvegliato miti e leggende. C’è chi la paragona alla mitica Atlantide e chi la collega al Ryūgū-jō, il palazzo sottomarino del Re Drago della tradizione giapponese. Queste storie nascono dal nostro bisogno di dare un senso a ciò che appare inspiegabile. La scienza la chiama pareidolia: la tendenza del nostro cervello a riconoscere forme familiari, come volti o strutture, in configurazioni casuali. A Yonaguni, questo fenomeno psicologico si scontra con la geologia, creando una meraviglia.
Forse, la vera bellezza di Yonaguni non sta nel trovare una risposta definitiva, ma nel modo in cui ci costringe a guardare il mondo con occhi diversi. Ci invita a rispettare la creatività della natura e, allo stesso tempo, a non smettere di interrogarci sul nostro passato. Che sia una cattedrale scolpita dal mare o le vestigia di una civiltà dimenticata, Yonaguni rimane una delle sorprese più grandi del nostro pianeta. È una pagina di storia della Terra scritta sott’acqua, un luogo dove il confine tra naturale e artificiale si dissolve e dove il mare ci ricorda quante memorie custodisce ancora, in attesa di essere scoperte.
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