Parigi, 1808. Immaginate i giardini delle Tuileries gremiti di gente, la città in fermento, gli sguardi rivolti al cielo. Sta per accadere qualcosa di mai visto: il duello tra palloni aerostatici. Due uomini, Monsieur de Grandpré e Monsieur le Pique, sono perdutamente innamorati della stessa ballerina dell’Opera e hanno deciso di risolvere la loro rivalità in un modo tanto spettacolare quanto letale. La regola è spietata: non si mira all’avversario, ma alla sua mongolfiera. Chi riesce a bucarne l’involucro e a farla precipitare, vince tutto: l’onore e, forse, il cuore della donna contesa.
La leggenda, tramandata con toni epici, dipinge una scena mozzafiato. I due rivali, accompagnati dai rispettivi secondi, si alzano in volo a bordo di due palloni identici. La folla assiste col fiato sospeso mentre le mongolfiere guadagnano quota, trasformandosi in due punti colorati sopra i tetti di Parigi. Giunti all’altitudine stabilita, si apre il fuoco. Monsieur le Pique spara per primo, ma il suo colpo va a vuoto. Monsieur de Grandpré attende, prende la mira con freddezza e colpisce. Il tessuto del pallone avversario si lacera. La mongolfiera di Le Pique perde rapidamente quota e precipita rovinosamente su un tetto, uccidendo lui e il suo secondo. Il vincitore discese trionfante, acclamato dalla folla.
Ma una storia così incredibile può essere vera? Quanto è plausibile un evento simile, analizzato con gli occhi della scienza e della logica? Un pallone aerostatico, che sia a gas o ad aria calda, non è un contenitore sotto pressione. Il suo involucro è “morbido” e la differenza di pressione con l’esterno è minima. Un singolo proiettile di fucile avrebbe prodotto un foro relativamente piccolo, da cui il gas o l’aria calda sarebbero fuoriusciti lentamente. Il risultato più probabile sarebbe stata una discesa graduale, non un crollo improvviso. Per causare una caduta rapida, sarebbero stati necessari più colpi, una lacerazione estesa o un danno strutturale significativo.
A questo si aggiunge la difficoltà pratica. I palloni di inizio Ottocento erano instabili e difficili da manovrare. Sparare con precisione da una cesta oscillante, in balia delle correnti d’aria, era un’impresa quasi impossibile. E se anche i palloni fossero stati riempiti di idrogeno, gas altamente infiammabile, il rischio di incendio non garantiva un’esplosione istantanea come nei film. Senza una fonte di innesco diretta e una corretta miscela con l’ossigeno, la fiammata non sarebbe stata scontata né immediata.
Tuttavia, il contesto storico rende l’idea incredibilmente suggestiva. Nella Francia napoleonica i duelli erano davvero frequenti e l’onore era una cosa seria, da difendere con la spada o la pistola. Allo stesso tempo, Parigi viveva una vera e propria febbre dell’aeronautica. Le ascensioni erano spettacoli di massa, e figure come Sophie Blanchard, l’aeronauta ufficiale dell’Impero, incantavano le folle con i loro voli notturni. Unire il duello, simbolo di una passione antica, e il pallone aerostatico, simbolo del progresso, sembrava quasi un passo naturale.
Eppure, gli storici oggi sono divisi. L’ostacolo più grande è che mancano documenti solidi e coevi che attestino l’evento. Le cronache più dettagliate e drammatiche compaiono solo molti anni dopo, su riviste illustrate più interessate al sensazionalismo che all’accuratezza storica. È molto probabile che il duello in mongolfiera sia nato come una satira o, più verosimilmente, come una leggenda urbana, un racconto perfetto per un’epoca affamata di storie estreme dove l’amore e la tecnologia si incontravano in cielo.
Che sia reale o meno, questo racconto straordinario ci offre uno spaccato del cuore e della mente di un’epoca. Ci parla di passioni totalizzanti e di un codice d’onore così rigido da cercare un arbitro nei cieli di Parigi. Ma ci spinge anche a ragionare sulla scienza del volo, mescolando romanticismo e fisica. La verità, probabilmente, si trova a metà strada tra cronaca e mito, un’idea tanto affascinante quanto fragile, che ci dimostra la straordinaria potenza delle storie nel modellare il nostro immaginario e nel continuare a farci sognare un tempo in cui, per amore o per follia, si era disposti a sfidare persino il cielo.
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