Sembra la trama di un film comico, ma è accaduto davvero. Nel 1910, un gruppo di giovani artisti e intellettuali londinesi mise in scena una delle beffe più clamorose della storia, prendendosi gioco della Royal Navy, l’orgoglio dell’Impero britannico. Tra i protagonisti di questa burla c’era anche una futura icona della letteratura mondiale: Virginia Woolf, allora una giovane sconosciuta, lontana dalla fama che l’avrebbe resa immortale.
Per cogliere la genialità dello scherzo, bisogna conoscere la vittima: la HMS Dreadnought. Varata nel 1906, non era una nave qualunque, ma la corazzata più potente e avanzata del suo tempo. Un gioiello tecnologico che da solo aveva reso obsolete intere flotte e dato inizio a una nuova corsa agli armamenti navali. Era il simbolo invincibile della supremazia britannica, l’ultimo posto dove ci si aspetterebbe un inganno così colossale.
Il piano nacque dalla mente vulcanica di Horace de Vere Cole, un burlone aristocratico famoso per i suoi scherzi elaborati. Con lui c’erano Adrian Stephen (fratello di Virginia), la stessa Virginia Woolf, l’artista Duncan Grant e altri complici. Si travestirono da “principi abissini” in visita ufficiale, affittando costumi teatrali, indossando turbanti e barbe finte e scurendosi il volto con il trucco. Un travestimento che oggi sarebbe giustamente considerato offensivo e razzista, ma che all’epoca mirava a sfruttare i pregiudizi per smascherare l’ingenuità di un’istituzione potentissima.
L’inganno scattò con un telegramma falso, spedito a nome del Ministero degli Esteri, che annunciava l’imminente arrivo della delegazione reale. La marina abboccò senza esitazione. A Weymouth, dove la Dreadnought era alla fonda, fu preparata un’accoglienza con tutti gli onori: banda musicale, picchetto d’onore e ufficiali in alta uniforme. I finti dignitari furono scortati a bordo e guidati in un tour completo della nave, dai potenti cannoni alla sala di comando. Durante la visita, comunicavano tra loro in un latino maccheronico mescolato a parole inventate di suono greco, esprimendo il loro stupore con un grido che divenne leggendario: “Bunga Bunga!”.
Nessuno a bordo sospettò nulla, nemmeno quando i “principi” si rifiutarono di mangiare, adducendo vaghi motivi religiosi per nascondere il timore che il cibo potesse rovinare il loro trucco. L’intera messinscena procedette senza intoppi fino alla fine. La beffa venne alla luce solo quando Cole raccontò tutto alla stampa, scatenando l’ilarità di un’intera nazione. Le famose fotografie dei protagonisti in costume furono scattate solo in seguito, per immortalare l’impresa. La Royal Navy fu coperta di ridicolo, costretta a rivedere i suoi protocolli di sicurezza e a subire una delle umiliazioni più cocenti della sua storia.
La “Dreadnought Hoax” ebbe conseguenze inattese. L’espressione “Bunga Bunga” entrò nel linguaggio comune inglese e, decenni dopo, riemerse in contesti completamente diversi. La maestosa corazzata, invece, continuò la sua carriera: pur non partecipando a grandi scontri nella Prima guerra mondiale, nel 1915 entrò nella storia per un vero primato, diventando la prima e unica corazzata ad aver mai affondato un sottomarino (il tedesco U-29), speronandolo. Un record che bilanciò, almeno in parte, una figuraccia epocale.
Questa vicenda affascina ancora oggi per diverse ragioni:
- Sfruttava gli stereotipi: L’idea di fingersi nobili africani faceva leva sulla combinazione di esotismo e deferenza tipica dell’era coloniale. Lo scherzo dimostrò come il rispetto cieco per la forma e l’autorità potesse spegnere ogni spirito critico.
- Un burlone seriale: Horace de Vere Cole era un vero professionista della beffa. Anni prima, aveva già ingannato le autorità di Cambridge spacciandosi per il Sultano di Zanzibar, accompagnato proprio da Adrian Stephen.
- Nessuna conseguenza legale: Sorprendentemente, nessuno fu incriminato. Non esisteva un reato specifico per essersi “finti principi” per visitare una nave su invito. L’imbarazzo pubblico fu l’unica, ma pesantissima, punizione.
La beffa della Dreadnought è più di un semplice aneddoto. È una finestra su un’epoca in cui l’audacia e la creatività potevano mettere in scacco il potere. Ci ricorda che la tecnologia più avanzata non serve a nulla senza un sano scetticismo e che l’autorità, quando non viene messa in discussione, può diventare cieca. Una storia incredibile che unisce cronaca, cultura e arte dell’inganno in un racconto che lascia a bocca aperta.
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