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Criptocromo e navigazione quantistica: come gli animali percepiscono il campo magnetico terrestre

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Come fanno alcuni uccelli a volare per migliaia di chilometri senza sbagliare rotta, attraversando oceani e continenti, spesso di notte o con il cielo coperto? Per anni si è parlato di una “bussola interna”. Oggi sappiamo che la storia è ancora più sorprendente: certi animali potrebbero letteralmente vedere il campo magnetico terrestre, come se un velo invisibile si sovrapponesse alla loro vista, disegnando linee guida nel cielo.

Il protagonista di questa storia è il criptocromo, una proteina sensibile alla luce presente nella retina di molti animali, in particolare negli uccelli migratori. Il criptocromo è già noto perché regola gli orologi biologici, ma in alcuni uccelli ne esiste una versione specializzata, chiamata CRY4, che sembra trasformare la luce in un segnale magnetico. L’idea, in fondo, è sorprendentemente intuitiva: la luce blu entra negli occhi, il criptocromo reagisce e il campo magnetico della Terra influenza questa reazione. Il risultato, per il cervello dell’animale, è un “filtro” visivo: una specie di trama o di alone che si orienta lungo le linee del campo. Quelle “autostrade invisibili” diventano così una mappa incorporata nel mondo che l’animale già vede.

Perché si parla di proteina “quantistica”? Perché al centro del suo funzionamento c’è un meccanismo che sfrutta le bizzarre proprietà degli elettroni. Quando la proteina assorbe luce blu, crea una coppia di elettroni legati in modo speciale, chiamata coppia radicalica. Questi elettroni possono trovarsi in due stati di spin diversi, che oscillano dall’uno all’altro con una delicatezza incredibile. Il campo magnetico terrestre, pur essendo debolissimo, basta a modificare leggermente il ritmo di questa danza. Cambiando il ritmo, cambia il risultato chimico finale nella proteina e, con esso, il segnale inviato ai neuroni. È come se il mondo si tingesse di una leggerissima ombra o luminosità in più lungo certe direzioni, a seconda di come l’animale orienta la testa.

Questa non è una bussola comune: negli uccelli non indica il Nord come una lancetta, ma percepisce l’inclinazione delle linee del campo magnetico. È una “bussola di inclinazione”: aiuta a capire l’angolo con cui le linee magnetiche entrano nel terreno, un angolo che cambia tra emisfero nord e sud. Per usarla, molti uccelli si affidano soprattutto alla luce blu-verde; sotto una luce gialla o rossa, l’effetto spesso svanisce. Non a caso, è comune osservare gli uccelli inclinare la testa mentre si orientano: cambiare l’angolazione modifica il disegno magnetico proiettato sulla retina e li aiuta a trovare la rotta migliore.

Quali prove abbiamo? Diversi indizi convergono:

  • Esperimenti classici hanno mostrato che pettirossi e altre specie perdono l’orientamento se l’illuminazione è nelle lunghezze d’onda “sbagliate”.
  • Campi radio debolissimi, sintonizzati su precise frequenze che interferiscono con la danza degli spin, disturbano l’orientamento degli uccelli: un segnale tipico di un meccanismo basato su coppie radicaliche.
  • In laboratorio, vari criptocromi, incluso quello del pettirosso europeo, hanno dimostrato sensibilità ai campi magnetici durante le reazioni fotochimiche.
  • I moscerini della frutta, se privati del loro criptocromo, perdono la capacità di reagire ai campi magnetici; se la proteina viene reinserita, la recuperano.

Il criptocromo nella retina non è l’unico sensore magnetico ipotizzato. In molte specie si sospetta l’esistenza di microcristalli di magnetite in altri tessuti, forse collegati a un “sensore di intensità” del campo, che agirebbe in modo complementare alla bussola visuale. Mettendo insieme questi canali, un uccello potrebbe possedere sia una bussola sia una sorta di “mappa” magnetica grezza. A questo si aggiungono altri riferimenti fondamentali: la posizione del Sole, il profilo delle stelle, gli odori trasportati dal vento e i paesaggi familiari. La navigazione è una fusione di tante informazioni in un’unica, coerente percezione del mondo.

Non sono solo gli uccelli. Anche tartarughe marine, salmoni, api e forse alcuni mammiferi percepiscono il magnetismo con modalità diverse. Persino nelle piante il criptocromo, sensibile alla luce, potrebbe rispondere ai campi magnetici. Nell’uomo il quadro è più incerto: alcune ricerche suggeriscono che le nostre proteine potrebbero reagire debolmente, ma non c’è alcuna prova che possiamo “vedere” il campo come un’immagine.

Restano molte domande aperte. Come viene “disegnato” esattamente questo schema magnetico nella retina? In quali tipi di fotorecettori è più attivo? E, soprattutto, come fa il cervello a distinguere la luce normale dall’“ombra magnetica” senza confusione? Sorprendentemente, la coerenza quantistica dentro una proteina, immersa nel caos caldo e rumoroso della biologia, sembra durare abbastanza a lungo da funzionare. Questo è uno dei motivi per cui la storia affascina fisici e biologi: è un esempio concreto di effetti quantistici utili a temperatura ambiente, dentro un essere vivente.

Immagina di indossare occhiali speciali che, al crepuscolo, aggiungono al paesaggio una tenue trama orientata, sempre nella stessa direzione rispetto al campo terrestre. Per noi sarebbe solo un filtro curioso; per un pettirosso, quella trama è la rotta di casa. E ogni autunno, seguendo quelle autostrade invisibili, milioni di viaggiatori alati ritrovano la strada attraverso il mondo.

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