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Pietra del Sole vichinga: la straordinaria bussola che guidava le rotte anche con il cielo coperto

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Come facevano i Vichinghi a orientarsi nel cuore dell’Atlantico del Nord, avvolti da nebbia, pioggia e cieli così coperti da nascondere il sole per giorni? Per secoli, la loro abilità è stata attribuita a una leggenda: una misteriosa Pietra del Sole, un’incredibile bussola vichinga. Oggi, grazie a testi antichi, reperti archeologici ed esperimenti moderni, scopriamo che quella leggenda ha fondamenta reali. Non è magia: è pura fisica della luce.

Immagina un drakkar che fende le onde grigie dell’oceano. A bordo non esiste ancora la bussola magnetica, che arriverà in Europa solo secoli dopo. Il cielo è una coltre uniforme di nuvole, ma l’equipaggio deve mantenere la rotta. Il segreto era capire dove si trovasse il sole anche quando era invisibile, per dedurre i punti cardinali. La soluzione era un cristallo speciale, come la cordierite (o iolite), la calcite nota come “spato d’Islanda” o la tormalina. Questi minerali possiedono una qualità straordinaria: svelano i segreti della luce polarizzata.

Ma cos’è la luce polarizzata? Quando i raggi del sole attraversano la nostra atmosfera, la luce viene diffusa in un fenomeno chiamato scattering. Questa diffusione “ordina” parzialmente la luce del cielo, che inizia a vibrare lungo direzioni precise. Anche con il sole nascosto, il cielo conserva quindi una sorta di “impronta” invisibile della sua posizione: un pattern di polarizzazione. È una mappa nascosta, leggibile solo con lo strumento giusto.

È qui che entra in gioco la Pietra del Sole. Materiali come la cordierite sono pleocroici: cambiano colore e intensità a seconda di come la luce li attraversa. La calcite islandese, invece, è famosa per la sua birifrangenza: sdoppia l’immagine di ciò che si guarda attraverso di essa. Ruotando lentamente la pietra verso il cielo e osservando il punto in cui i colori o le due immagini si eguagliano o raggiungono la massima differenza, un navigatore esperto poteva individuare la direzione della luce polarizzata. Incrociando questo dato con l’ora del giorno, magari usando un semplice disco solare come il cosiddetto disco di Uunartoq, era possibile trovare la posizione del sole con incredibile precisione.

Tutto questo non è solo teoria. Le antiche saghe islandesi parlano di una “sólarsteinn” (pietra del sole), usata per localizzare il sole con il cielo coperto. Anche se le descrizioni sono poetiche e non tecniche, l’indizio è chiaro. L’archeologia offre altri spunti: il già citato disco di Uunartoq, rinvenuto in Groenlandia, è interpretato da molti come parte di questo sistema di navigazione. Ancor più sorprendente è il ritrovamento di un cristallo di calcite in un relitto del XVI secolo vicino ad Alderney, a dimostrazione che questa tecnica di navigazione potrebbe essere sopravvissuta per secoli.

La scienza moderna ha confermato la fattibilità di questa tecnica. Esperimenti con cordierite e calcite hanno dimostrato che un occhio allenato può determinare la posizione del sole con un margine di errore di pochi gradi, anche al crepuscolo o con nuvole leggere. Sebbene non infallibile (con nebbia fitta o tempeste il segnale si perde), per le tipiche giornate “grigie” del Nord, la pietra poteva davvero fare la differenza tra il perdersi e il raggiungere la meta.

Naturalmente, i Vichinghi erano navigatori esperti e non si affidavano a un unico strumento. Usavano un intero arsenale di conoscenze: navigavano “a latitudine”, misurando l’altezza del sole a mezzogiorno o la posizione della stella Polare; osservavano i pattern delle onde e dei venti; seguivano le rotte degli uccelli marini e sapevano persino riconoscere l’odore della terra trasportato dal vento. La Pietra del Sole era un potente asso nella manica, un pezzo fondamentale del loro incredibile mosaico di abilità marinare.

Questa storia affascina perché unisce in modo perfetto l’ingegno umano e le leggi della natura. Un semplice cristallo, estratto dalla roccia, si trasforma in un sensore ottico capace di decifrare l’ordine nascosto del cielo. Un vero e proprio GPS ante litteram, che sfruttava un segnale universale e gratuito. Forse non sapremo mai con certezza quanto fosse diffuso il suo uso, ma gli indizi ci raccontano una storia plausibile e straordinaria. È una lezione senza tempo: per orientarsi nel mondo, a volte basta imparare a guardare la luce con gli occhi giusti. Perché una semplice pietra, se sai come interrogarla, può mostrarti dove si trova il sole anche quando non c’è.

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