Come lavorare meno potrebbe risolvere veramente tutti i nostri problemi

Secondo l’autore Rutger Bregman: lavorare meno ore alla settimana potrebbe combattere il rischio di incidenti e cambiamenti climatici; secondo alcuni (inoltre) se si dovessero seguire queste semplici linee guida potremmo vedere la tanto attesa parità di genere (uomo e donna).

La previsione dell’economista più influente del 20esimo secolo: nel 2030 le persone lavoreranno 15 ore alla settimana

John Maynard Keynes: l’ideatore del New Deal (la svolta economica che risollevò il mondo dopo la crisi di Wall Street)

Intorno al 1930 l’economista John Maynard Keynes ha tenuto una convegno in Spagna intitolato Possibilità economica per i nostri nipoti. A quel tempo la crisi di Wall Street aveva messo in ginocchio l’economia di molti paesi; i risparmi delle persone comuni andarono scemando e molti si suicidarono. La previsione di Keynes fu molto profetica e alquanto curiosa: entro 100 anni le persone lavoreranno molto meno (circa 15 ore alla settimana) e questo porterà ad un aumento considerevole della qualità della vita per le persone (Keynes stimò un aumento del 400% rispetto a quello presente nel 1930). La sfida del futuro secondo l’economista sarà quella riguardante l’utilizzo del tempo libero.

Ora come ora le persone lavorano almeno 40 ore alla settimana, riuscite a immaginare (veramente) la profezia che Keynes ha comunicato?

Alcune prove a sostegno della teoria Keynesiana

Quello che si sta cercando di dire è che bisogna lavorare meno ma meglio, perciò non è importante il monte ore ma l’utilità marginale che ogni singola ora di lavoro potrebbe apportare. Nei notevoli esperimenti di Henry Ford e W.K. Kellogg è stato scoperto che la produttività abbinata alle lunghe ore di lavoro non è esente da critiche riguardanti la fruttuosità: nel 1980 i dipendenti della Apple sfoggiarono una t-shirt con la scritta “amo lavorare 90 ore alla settimana”; fin qui nulla di eclatante voi direte eppure il bello deve ancora venire: analisi successive dimostrarono che se ogni lavoratore avesse lavorato di meno (circa la metà) la Apple avrebbe potuto lanciare il rivoluzionario Macintosh (già) un anno prima.

Lavorare di meno vuol dire consumare di meno e meglio: il tempo libero è la nostra vera ricchezza

Ci sono molte (altre) teorie che affermano che lavorare 40 ore alla settimana (o più) sia controproducente. Si stima che il tempo ideale ( per ora) sia quello di 6 ore al giorno; non è un caso che nei paesi più ricchi le persone (almeno quelle più istruite) lavorino meno ore rispetto agli altri. Secondo molti economisti lavorare di meno potrebbe portare il mondo a risolvere molti dei suoi problemi.

Veniamo all’aspetto psicofisico: lavorare meno implica avere più tempo per poter occuparsi delle cose che più ci piacciono, chi l’ha detto che le cose piacevoli sono futili?

In un recente sondaggio condotto dalle ricercatrici tedesche si è arrivato a stabilire come deve essere la giornata ideale: lavorare è importante ma bisogna avere anche il tempo per potersi dedicare ad altre attività come socializzare, mangiare, allenarsi fisicamente e tanto altro. Un aspetto curioso che si è potuto notare è la scoperta del misticismo riguardante la vera utilità del Pil (prodotto interno lordo); molti stati usano questo indice per misurare il benessere della popolazione, inutile dire però che il Pil in realtà non è all’altezza di tale compito (poiché tiene conto solamente della situazione economica-commerciale).

Altri rischi derivanti dal lavorare troppo

Partendo dal presupposto che gran parte delle attività produttive deturpano (direttamente o indirettamente) l’ambiente, appare abbastanza chiaro immaginare cosa potrebbe succedere se si continuasse a produrre con questi ritmi; produrre meno vuol dire preservare l’ambiente e le risorse presenti in esso, i paesi che hanno deciso di far lavorare di meno i cittadini hanno riscontrato oltre al miglioramento delle condizioni ambientali la nascita di un nuovo tipo di benessere: quello del tempo (libero) a disposizione di ogni persona.

Lavorare troppo stanca la mente portando le persone a compiere sempre più errori, nei paesi dove si lavora di più è possibile notare che ci sono molti più incidenti (dentro e fuori dal posto di lavoro); lavorare meno (e meglio) vuol dire anche far fronte al pericolo appena descritto.

I paesi con le più grandi disparità economiche e sociali sono quelle dove bisogna lavorare per più ore

I motivi sono abbastanza chiari: lavorare meno vuol dire combattere la disoccupazione, il “modello ideale” è quello dove ci sono 2 lavoratori che lavorano per mezza giornata (piuttosto che uno che lavora una giornata intera), a parità di ore, la produttività è decisamente più alta dove il carico di lavoro è egualmente distribuito tra i 2 dipendenti impedendo ad uno dei 2 di andare in “sovraccarico”.

I paesi dove il carico delle ore è distribuito equamente riconoscono una condizione di parità tra i sessi: l’uomo e la donna hanno lo stesso ammontare di tempo libero perciò sono in grado di dividersi i lavori domestici (come cucinare, lavare, stirare ecc)

I paesi dove si lavora per più tempo sono gli stessi che conoscono le più alte disparità economiche: lavorando più ore l’utilità della singola ora cala e perciò anche il compenso del lavoratore (per ora), in altre parole il povero per poter sopravvivere deve lavorare almeno 10 ore al giorno.

 

Com’è la situazione globale?

Molti paesi si rifiutano (ancora) di accettare questa cosa: il sogno di poter lavorare meno ore è stato calpestato quasi ovunque. A quei tempi Keynes fu oggetto di attacchi politici ed insulti, c’è chi gli dava del pazzo o del bugiardo; ora sappiamo benissimo che gli insulti e lo scetticismo erano alquanto infondati; l’economista britannico aveva visto la leggera controtendenza che stava toccando il mondo durante gli inizi del 900 (dove alcuni lavoratori hanno potuto conseguire un netto miglioramento delle proprie condizioni lavorative con il conseguente miglioramento produttivo).

Chi lo sa; magari la profezia di Keynes si avverrà (veramente) in un futuro non molto lontano, forse è arrivato il momento di prepararsi al cambiamento.

 

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