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Il mistero dei virus dormienti capaci di sopravvivere per millenni nel ghiaccio

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Quando pensiamo alla parola vita, ci viene in mente qualcosa che si muove, cresce e respira. I virus mettono in discussione questa idea: si trovano al confine tra il mondo del vivente e quello dell’inanimato. Non respirano, non si nutrono, non possiedono cellule proprie. Eppure, da milioni di anni, riescono a sopravvivere, aspettando pazientemente il momento giusto per risvegliarsi. Sono come un cervello dormiente che, pur restando silenzioso, custodisce tutte le informazioni necessarie per agire.

Ma come fanno a restare intatti per migliaia di anni, spesso sepolti nel ghiaccio o intrappolati nei sedimenti, per poi tornare attivi quando trovano un ospite adatto? La risposta sta nella loro incredibile semplicità.

Un virus è composto principalmente da due elementi: il materiale genetico (DNA o RNA) e un rivestimento protettivo di proteine chiamato capside. Alcuni possiedono anche un involucro esterno di lipidi. Proprio questa struttura essenziale è la chiave della loro sorprendente resistenza: meno parti “viventi” hanno, meno c’è che possa deteriorarsi col tempo.

Quando non si trovano all’interno di un organismo, i virus assumono la forma di virione: una sorta di capsula di sopravvivenza, completamente inattiva ma pronta a entrare in azione. In questo stato non consumano energia e non svolgono alcuna attività metabolica. Sono come un seme secco che attende l’acqua: apparentemente morto, ma in realtà pronto a germogliare nelle condizioni giuste.

Un esempio straordinario proviene dal permafrost della Siberia. Negli ultimi anni, gli scienziati hanno riportato alla luce virus rimasti congelati per oltre 30.000 anni, ancora capaci di infettare amebe in laboratorio. È come se fossero stati messi in pausa e poi riattivati, senza subire danni significativi.

La longevità di certi virus dipende dalle condizioni ambientali. Il freddo estremo, l’assenza di ossigeno e una bassa umidità rallentano i processi di degrado del loro materiale genetico, quasi bloccandoli. Al contrario, il calore, la luce intensa e ambienti acidi ne distruggono rapidamente la struttura.

Ma possiamo davvero dire che i virus vivono in questo stato dormiente? Qui le opinioni divergono. Secondo una definizione classica, una forma di vita deve compiere funzioni vitali autonomamente. I virus, invece, non possono replicarsi senza una cellula ospite. Eppure possiedono un vero e proprio piano genetico, pronto a essere messo in atto nel momento in cui infettano una cellula.

Questa loro esistenza sospesa tra vita e non-vita li rende un enigma affascinante: minuscoli architetti genetici che restano inattivi fino all’incontro con la cellula giusta. In quell’attimo, il loro “cervello dormiente” si accende e prende il controllo dell’organismo ospite, trasformandolo in una vera e propria fabbrica di copie virali.

I virus ci ricordano che il concetto di vita è molto più complesso di quanto immaginiamo. Sono testimoni silenziosi del passato, capaci di custodire memorie di epoche lontane e di riemergere quando le condizioni lo permettono, pronti a riaffacciarsi sulla scena della natura e a scrivere un nuovo capitolo della loro interminabile storia.

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