Sembra la trama di un film horror, eppure è una storia vera che si ripete ogni giorno nelle foreste tropicali. Il protagonista è un fungo del genere Ophiocordyceps, un parassita che trasforma le formiche in veri e propri burattini biologici. Le guida con una precisione spietata verso un unico scopo: la propria sopravvivenza e la diffusione delle sue spore mortali.
Tutto ha inizio quando una microscopica spora si attacca al corpo di una formica, spesso una formica carpentiere, mentre cerca cibo. La spora germoglia, scioglie la sua corazza esterna con degli enzimi e inizia a crescere dentro la vittima, nutrendosi dei suoi tessuti. Per anni si è creduto che il fungo attaccasse direttamente il cervello, ma oggi la ricerca mostra uno scenario ancora più inquietante: il parassita prende il controllo dei muscoli, invadendoli come una rete e alterando i segnali nervosi. Il risultato non cambia: la formica non è più padrona di se stessa, ma si muove spinta da un copione scritto dal suo killer.
A un certo punto, la formica zombie abbandona la sicurezza del formicaio. Guidata da un pilota automatico, si arrampica su uno stelo o si posiziona sotto una foglia, a un’altezza precisa dal suolo, di solito tra i 20 e i 50 centimetri. Qui l’umidità e la temperatura sono perfette per il fungo. È una scelta strategica: da quella posizione, le spore potranno cadere a pioggia sulle altre formiche di passaggio.
Arriva così l’ultimo atto del dramma. La formica, ormai stremata, serra le mandibole sulla foglia in un morso finale. È un’azione così potente da essere chiamata la presa della morte (death grip). Subito dopo, la formica muore, rimanendo ancorata come una macabra spilla. A questo punto il fungo, non dovendo più tenere in vita il suo ospite, lo consuma dall’interno. Dalla testa o dal collo della formica emerge un lungo stelo scuro, la cui estremità libererà migliaia di nuove spore, pronte a ripetere il ciclo.
Chi esplora queste foreste può imbattersi in veri e propri “cimiteri di formiche zombie“: decine di cadaveri appesi alle foglie, tutti alla stessa altezza e con lo stesso orientamento, come statue che testimoniano la regia perfetta del parassita. Le colonie di formiche, però, non subiscono passivamente. Hanno sviluppato strategie difensive sofisticate: si puliscono a vicenda per rimuovere le spore, evitano le zone infette e allontanano gli individui che mostrano comportamenti anomali. È una continua corsa agli armamenti evolutiva che va avanti da milioni di anni.
Ecco altri dettagli che rendono questa storia ancora più incredibile:
- Il fungo più noto, Ophiocordyceps unilateralis, è in realtà un intero complesso di specie, ognuna specializzata per infettare una sola specie di formica. Questa altissima specificità è il motivo per cui non rappresenta un pericolo per l’uomo.
- L’altezza e l’orientamento del “morso finale” non sono casuali. Garantiscono il microclima ideale per lo sviluppo del fungo e la traiettoria migliore per contaminare il terreno sottostante.
- Le analisi mostrano che il fungo avvolge le fibre muscolari e produce sostanze chimiche che dirottano i movimenti della formica. Non “tira i fili” come un burattinaio, ma ne riprogramma la biochimica.
- Fenomeni simili, noti come “malattia della vetta”, esistono anche in altri insetti, spinti a salire prima di morire per massimizzare la dispersione dei parassiti.
Oltre al suo fascino macabro, questo fungo ha un ruolo ecologico cruciale. Controllando le popolazioni delle formiche più abbondanti, agisce come un vero e proprio ingegnere invisibile degli ecosistemi. Senza di lui, l’equilibrio delle foreste tropicali cambierebbe radicalmente.
È facile pensare ai videogiochi e alle serie TV che si sono ispirati a questa storia. Ma la realtà, come spesso accade, è più affascinante della finzione. Ophiocordyceps non è una minaccia globale, ma un killer perfetto e ultra-specializzato, confinato nel suo mondo con una precisione chirurgica. Ed è proprio questa sua specializzazione a renderlo uno degli esempi più straordinari di come l’evoluzione possa creare strategie complesse e incredibilmente efficaci.
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