Ci sono momenti nella storia talmente estremi da sembrare inventati. La Defenestrazione di Praga del 1618 è uno di questi: un episodio clamoroso, quasi teatrale, in cui politica e religione si scontrarono in un gesto che finì per ridisegnare la mappa dell’Europa.
Siamo in Boemia, cuore del Sacro Romano Impero, in un’epoca lacerata dalle tensioni tra cattolici e protestanti. Anni prima, l’imperatore aveva concesso una certa libertà di culto con la Lettera di Maestà (1609). Ma quella promessa iniziò a vacillare quando i governatori imperiali cattolici limitarono la costruzione di chiese protestanti su terreni della corona. Per i nobili boemi, era un tradimento inaccettabile. Per i governatori, la semplice applicazione della legge.
Il 23 maggio 1618, la furia esplose nel Castello di Praga. Durante un’accesa discussione nella sala della Cancelleria, un gruppo di nobili protestanti, guidati da Jindřich Matyáš Thurn, passò ai fatti. Afferrarono due governatori imperiali, Jaroslav Bořita di Martinic e Vilém Slavata, insieme al loro segretario Filippo Fabricius, e li lanciarono dalla finestra del terzo piano. Un volo di quasi ventuno metri, giù nel fossato del castello.
Incredibilmente, sopravvissero tutti. I cattolici gridarono al miracolo: a salvarli erano stati gli angeli. I protestanti, con sarcasmo, offrirono una spiegazione più… terrena: a salvarli fu un provvidenziale mucchio di letame e rifiuti che aveva attutito la caduta. La storia ha anche un finale ironico: anni dopo, l’imperatore concesse a Fabricius il titolo nobiliare di “von Hohenfall”, che in tedesco suona come “dell’alta caduta”.
Quel gesto, per quanto brutale e impulsivo, fu la scintilla che incendiò la polveriera europea, dando il via alla sanguinosa Guerra dei Trent’anni. Non era solo un atto di violenza, ma un simbolo potentissimo: i nobili boemi stavano dichiarando di non riconoscere più l’autorità dell’imperatore. Iniziò così la Rivolta Boema, stroncata nel sangue nella Battaglia della Montagna Bianca (1620). Seguì una repressione feroce: ventisette leader della rivolta furono giustiziati sulla piazza della Città Vecchia di Praga e la Boemia fu costretta a tornare al cattolicesimo con la forza.
Quello che sembrava un conflitto locale divenne un inferno europeo. La guerra si allargò a macchia d’olio, coinvolgendo le grandi potenze: prima la Danimarca, poi la Svezia del leggendario re Gustavo Adolfo, e infine la Francia del Cardinale Richelieu. Fu uno dei conflitti più devastanti della storia, segnato da carestie, epidemie e saccheggi che lasciarono intere regioni della Germania spopolate. Eppure, da quella immane tragedia nacque un nuovo ordine. La Pace di Westfalia del 1648 pose le basi dell’Europa moderna, riconoscendo una maggiore sovranità agli stati dell’Impero, estendendo i diritti religiosi anche ai calvinisti e ridisegnando gli equilibri di potere.
Curiosamente, la parola defenestrazione (dal latino de-, “da”, e fenestra, “finestra”) non fu un’invenzione del momento. A Praga c’era già stato un episodio simile nel 1419, durante le guerre hussite. Gettare i nemici dalle finestre era, a quanto pare, una turbolenta tradizione locale. Oggi, il termine è usato in politica come metafora per descrivere una cacciata improvvisa e brutale dal potere.
Perché questa storia ci affascina ancora? Perché condensa in un singolo gesto la fragilità del potere, l’urto tra fedi diverse e la forza dei racconti – angeli o letame – nel forgiare la memoria di un popolo. Ci ricorda come le decisioni umane, anche le più estreme, possano scatenare conseguenze inimmaginabili. E di come la storia, a volte, superi di gran lunga qualsiasi finzione. Visitando il Castello di Praga si può ancora sentire l’eco di quel volo impossibile: una finestra aperta sulla Storia, in tutti i sensi.
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