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Il cervello elastico e le illusioni sensoriali che svelano il potere della mente

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Ti è mai capitato di sentire il telefono vibrare in tasca, per poi scoprire che non era vero? O di percepire un’ombra con la coda dell’occhio, pur sapendo di essere completamente solo? Queste non sono stranezze, ma la prova di un superpotere nascosto della nostra mente: il cervello è elastico. Non si deforma fisicamente, ma è un maestro nell’adattarsi, cambiare e, soprattutto, riempire i vuoti, facendoci percepire cose che non esistono. E questa è un’ottima notizia. Senza questa sua capacità, non vedremmo il mondo in modo stabile, non capiremmo una conversazione in un locale affollato e non riconosceremmo un volto amico da lontano. A volte, però, questo talento lo porta a prevedere anche quando non dovrebbe.

Pensa al cervello non come a uno spettatore passivo, ma come a un instancabile indovino. Da oltre un secolo, da Helmholtz ai neuroscienziati di oggi, l’idea è la stessa: il cervello non aspetta i dati dai sensi, ma li anticipa. Usa le esperienze passate per creare un modello del mondo e riempire gli spazi vuoti. È come un regista che, con pochi indizi, immagina l’intera scena. Questo processo è rapidissimo e ci salva la vita, ma è anche la fonte delle nostre illusioni. La vibrazione fantasma del telefono? È il tuo cervello che, abituato a quel segnale, completa lo schema anche in sua assenza.

Un esempio straordinario è nel tuo stesso occhio. Ciascuno di noi ha un punto cieco, una piccola area della retina senza recettori per la luce. Eppure, non vedi un buco nero nel tuo campo visivo. Come mai? Perché il cervello prende le informazioni circostanti e, come un abile pittore, “dipinge” ciò che manca. È un trucco invisibile e perfetto, che dimostra la sua maestria nel riempire i vuoti per darci una visione coerente.

Questa elasticità non riguarda solo ciò che vediamo, ma anche ciò che sentiamo di essere. L’esperimento della “rubber hand illusion” (illusione della mano di gomma) del 1998 ha dimostrato quanto sia facile ingannarlo. Se osservi una mano finta mentre viene accarezzata in sincrono con la tua mano reale (che non vedi), dopo poco inizierai a sentire quella mano di gomma come se fosse tua. Un caso ancora più potente è l’arto fantasma. Le persone che hanno subito un’amputazione continuano a sentire l’arto che non c’è più, a volte provando un dolore intenso. Non è immaginazione: le mappe cerebrali del corpo, descritte dal neurologo Wilder Penfield, restano attive. Lo scienziato V. S. Ramachandran ha scoperto che un semplice gioco di specchi può alleviare questo dolore, perché la vista “aggiorna” la mappa cerebrale, correggendo l’errore percettivo.

L’elasticità del cervello permette cose davvero incredibili, come sentire con gli occhi e vedere con la lingua. Il neuroscienziato Paul Bach-y-Rita ha creato dispositivi che trasformano le immagini di una telecamera in stimoli sulla pelle o sulla lingua. Con l’allenamento, persone non vedenti hanno imparato a vedere attraverso il tatto. Allo stesso modo, grazie agli impianti cocleari, il cervello impara a tradurre segnali elettrici in suoni complessi. L’informazione cambia strada, ma la mente si adatta, rinegozia il significato e ricostruisce la percezione.

I nostri sensi, del resto, non lavorano mai da soli. Se guardi un video di una persona che articola la sillaba “ga” ma senti in cuffia la sillaba “ba”, molto probabilmente il tuo cervello percepirà un suono intermedio, come “da”. È il famoso effetto McGurk, la prova che la mente fonde vista e udito per creare la percezione più probabile. Anche il gusto è influenzato dalla vista: una bevanda rossa ci sembrerà più dolce della stessa identica bevanda colorata di verde. Il colore crea un’aspettativa di sapore, e il cervello si adegua.

Hai presente quel ronzio che senti nel silenzio più totale? L’acufene può essere considerato un “suono fantasma”. Quando l’orecchio non invia segnali chiari, il cervello, per non restare nel vuoto, amplifica o genera un suono dal nulla. È un parente stretto dell’arto fantasma: in assenza di input, la mente riempie il silenzio. Ancora una volta, è il risultato di un sistema che preferisce dare una risposta, anche a costo di sbagliare.

Questa elasticità va oltre i confini del nostro corpo. Gli strumenti che usiamo diventano estensioni di noi stessi. Quando guidi, l’auto entra a far parte della tua mappa corporea: senti le sue dimensioni e percepisci istintivamente dove può passare. Lo smartphone diventa la nostra memoria estesa. Questa capacità di incorporare oggetti esterni rende la nostra mente più grande della testa.

L’idea non è nuova. Già Santiago Ramón y Cajal, padre delle neuroscienze, aveva intuito che i neuroni potevano modificare le loro connessioni. Oggi sappiamo che è vero e che questa capacità è fondamentale. Comprendere il cervello elastico non è solo una curiosità scientifica: è la chiave per sviluppare terapie innovative. Dalla riabilitazione con la realtà virtuale alle protesi che “sentono”, passando per le interfacce uomo-macchina, stiamo sfruttando la sua abilità di adattarsi e prevedere per migliorare la vita delle persone.

La conclusione è semplice e potente: la realtà che percepiamo non è una fotografia, ma una costruzione attiva, un capolavoro creato momento per momento dal nostro cervello. A volte questa costruzione ha delle piccole crepe, e sentiamo cose che non ci sono. Ma sono proprio queste imperfezioni a rivelare il suo segreto più grande: una mente elastica, curiosa e incredibilmente creativa. È questo superpotere che ci permette di imparare, guarire e scoprire ogni giorno modi nuovi di abitare il mondo.

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