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La Grande Corsa delle Cicogne: Il Bizzarro Concorso di Toronto che Premiava Chi Aveva Più Figli

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Immagina una gara pubblica, seguita dai giornali e discussa nei tribunali, dove l’obiettivo è partorire più bambini possibile. Sembra la trama di un film distopico, e invece è una storia vera. Tutto ha inizio nel 1926 a Toronto, con la morte di Charles Vance Millar, un avvocato ricco, eccentrico e famoso per il suo umorismo pungente. Millar amava mettere alla prova le ipocrisie della società, e il suo ultimo atto fu un testamento-beffa destinato a entrare nella leggenda.

Tra le varie clausole provocatorie, ce n’era una che fece esplodere un caso nazionale: una somma di denaro enorme, che oggi equivarrebbe a milioni di euro, sarebbe andata alla donna di Toronto che, nei dieci anni successivi alla sua morte, avesse partorito il maggior numero di figli. Nacque così “The Great Stork Derby”, la grande corsa delle cicogne.

Per una città che stava precipitando nella Grande Depressione, con famiglie alla fame e lavori che svanivano, quel premio non era solo una stravaganza: era una speranza di salvezza. La notizia esplose. I giornali iniziarono a tenere il punteggio delle nascite come fosse un campionato sportivo, seguendo le “concorrenti” tra case modeste e ospedali affollati. Iniziarono i dubbi e le battaglie legali. I parenti di Millar, furibondi, tentarono di invalidare il testamento, definendolo immorale e contrario all’ordine pubblico. Ma la clausola, per quanto bizzarra, resse.

I tribunali furono sommersi di domande che trasformarono la vita in un cavillo legale: i bambini nati morti contavano? E quelli nati fuori dal matrimonio? Un parto gemellare valeva doppio? Mentre gli avvocati dibattevano, la gara andava avanti. Alcune famiglie si buttarono nella competizione per disperazione, sperando di assicurare un futuro migliore ai propri figli. Altre per pura ambizione. La realtà, però, era durissima: la salute delle madri, spesso già provata dalla povertà, era a rischio. Medici e assistenti sociali lanciavano allarmi, ma lo spettacolo era troppo grande per essere fermato. Era una storia di resistenza, astuzia e speranza disperata.

Quando il cronometro si fermò, dieci anni dopo, l’intera città trattenne il fiato. Dopo un’infinità di conteggi e ricorsi, il tribunale prese una decisione salomonica. Il premio fu diviso tra quattro donne, che erano riuscite nell’impresa di avere nove figli ciascuna nel periodo stabilito. Ad altre due madri, che pure avevano avuto molti bambini ma con la sfortuna di perderne alcuni, vennero assegnate somme minori come risarcimento. Fu l’epilogo di un decennio surreale, in cui si discusse pubblicamente su cosa significasse “contare” una vita.

La Great Stork Derby è rimasta un caso di studio unico, un incrocio perfetto tra diritto, etica e società. Millar, con il suo scherzo colossale, aveva messo a nudo il potere degli incentivi sulla società, costringendo tutti a porsi domande scomode. Fino a che punto possiamo spingere un comportamento con il denaro? E cosa succede quando le regole di un gioco toccano qualcosa di sacro come la nascita di un figlio?

Ancora oggi, a quasi un secolo di distanza, questa storia continua a stupire e a far riflettere. Mostra quanto siano labili i confini tra legge e morale e ci ricorda che, dietro ogni clausola legale e ogni cifra milionaria, ci sono persone reali con sogni, paure e il disperato bisogno di proteggere il futuro della propria famiglia. In quella folle gara, innescata da un eccentrico milionario, si scontrarono la miseria della Depressione, la creatività del diritto e l’incredibile resilienza umana.

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