Totò, il principe del sorriso e dei trovatelli: “Il cane è nu signore, tutto il contrario dell’uomo”

Tutti, non solo i napoletani, conoscono Totò come artista e come filantropo, colui che è sempre stato pronto ad aiutare chi fosse in difficoltà senza chiedere nulla in cambio.

Fatto ancor meno risaputo era il suo grande amore per gli animali, che lui stesso definiva come dei “cristiani”.

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In particolare, era amante dei gatti, ma non riusciva mai ad affezionarsene totalmente. Fu così che decise di dedicarsi ad accudire e proteggere qualsiasi tipo di cane.

Quanto appena detto è testimoniato nel librò Totò, Principe del Sorrisopubblicato da Vittorio Paliotti.

La prima poesia di Antonio De Curtis (in arte Totò), è stata dedicata a Dik, il suo tenero barboncino.

In tale opera, l’artista si chiedeva cosa avesse fatto se un giorno avesse perso il suo amato cane ed in un tal senso questo scritto lo si può definire “profetico” per quanto accaduto poco tempo dopo, poichè perse Dik durante una passeggiata ai Parioli nel periodo in cui si effettuavano le riprese a Roma di “Totò cerca moglie”.

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Il suo segretario, nonché cugino, Eduardo Clemente raccontò infatti che fu incaricato di far stampare e riempire le strade dei Parioli con dei manifesti con su scritto che ci sarebbe stata una ricompensa di 10.000 lire a colui che avrebbe ritrovato il barboncino scomparso.

Per diversi giorni bussarono alla sua porta diverse persone presentandosi con svariati cagnolini, ma nessuno di questi era Dik. Nonostante ciò, Totò diede una mancia a tutti.

Dopo 5 giorni dalla scomparsa, il piccolo cane tornò da solo a casa, in condizioni di affaticamento e stanchezza, tanto da far piangere dal dispiacere il suo famoso amico.

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Questo barboncino fu solo una parentesi di vita dell’artista, poiché si presuppone che Antonio amasse maggiormente un meticcio che chiamò Mosé.

L’incontro tra i due fu un evento alquanto tragico, poiché il cane fu investito da un’auto e tutte e quattro le zampe ormai erano fuori uso. Grazie al suo soccorso tempestivo e alle cure del veterinario Dottor Mascia, il cane riuscì a vivere e pian piano a migliorare. Per far sì che ciò accadesse, lo stesso medico si rivolse all’istituto di ortopedia dell’ Università di Roma, dove due tecnici ebbero la brillante idea di creare una protesi a rotelle da applicare con delle cinghie al corpo dell’animale.

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La foto del cane che camminava insieme al dottore fece subito il giro del mondo, creando anche numerose polemiche da parte di alcune persone che erano indignate dal fatto che si prestassero tante attenzioni ad un animale, mentre allo stesso tempo esistevano persone che vivevano senza arti inferiori.

Dall’anno 1960 fino allla fine dei suoi giorni, il grande Totò creò insieme al dottor Mascia e altri cinque assistenti un “Ospizio dei Trovatelli”, nel quale arrivarono ad ospitare ben 256 cani di strada abbandonati. Alla morte dell’attore, però, le risorse economiche terminarono e tutto ciò che era stato creato non poteva più essere portato avanti.

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Tuttavia, grazie alla promessa che Antonio strappò al cugino, quest’ultimo riuscì a dare in affidamento a diverse famiglie 26 cani dei 30 che ne erano rimasti, di cui quattro, in condizioni non buone, furono adottati dallo stesso dottor Mascia.

Il cane Mosè morì un mese prima del suo padrone e fu per Antonio un immenso lutto. Ciò infatti viene ricordato in un’intervista fatta da Oriana Fallaci in cui De Curtis pronunciò la famosa frase “Il cane è nu signore, tutto il contrario dell’uomo”.

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