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Il respiro segreto delle dune e i misteri nascosti sotto i deserti

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Quando pensiamo al deserto, ci vengono in mente distese infinite di sabbia, silenzio e sole cocente. Ma sotto quella superficie apparentemente immobile si nasconde un mondo dinamico, pieno di movimenti invisibili e segreti antichi. È come se le dune respirassero: non nel senso biologico, ma attraverso processi fisici e naturali che le fanno muovere, vivere e raccontare storie della Terra di ieri e di oggi.

Questo “respiro” nasce da fenomeni tanto complessi quanto affascinanti. Il vento è il principale scultore di questi paesaggi: solleva e trasporta i granelli di sabbia, li deposita in nuovi punti, modellando onde e creste che si spostano lentamente. Alcune dune possono muoversi di diversi metri all’anno. A occhio nudo sembra tutto fermo, ma osservando nel corso di mesi o anni si scopre un paesaggio in costante trasformazione, vivo come un oceano silenzioso.

Sotto la superficie, la sabbia non è sempre asciutta. In alcuni deserti, a pochi metri di profondità, si trovano falde acquifere o zone con residui di umidità. Durante le ore più calde, l’aria intrappolata tra i granelli si espande, mentre di notte, con il calo delle temperature, si contrae. Questo microscopico movimento di aria e umidità contribuisce a piccoli spostamenti interni, un vero e proprio respiro sotterraneo che lentamente modella le profondità della duna.

Fra i fenomeni più sorprendenti c’è quello delle dune che cantano. In rare circostanze, quando una valanga di sabbia scivola lungo il pendio, i granelli si sfregano tra loro a una frequenza precisa, producendo un suono grave e prolungato, simile a un ronzio o a un colpo di tamburo. Questo canto può durare diversi secondi e cambiare tonalità a seconda della dimensione dei granelli e della temperatura dell’aria. È un evento affascinante, documentato in luoghi come il deserto di Gobi o la Valle della Morte, e conosciuto fin dall’antichità, tanto da generare leggende nelle popolazioni del deserto.

Le dune sono anche archivi naturali. Strato dopo strato, sabbia e sedimenti intrappolano tracce di antichi climi, resti di piante fossilizzate, polveri portate da zone lontane. Studiando questi depositi, gli scienziati possono ricostruire il passato del nostro pianeta: periodi di siccità estrema, fasi più umide, e persino cambiamenti legati alle ere glaciali o alle variazioni dell’orbita terrestre.

Non tutto però rimane sepolto. I movimenti della sabbia influenzano la distribuzione dell’acqua sotterranea, creano micro-habitat per insetti e piccoli animali adattati a condizioni dure, e possono perfino proteggere siti archeologici antichissimi, preservandoli intatti per secoli sotto un manto di sabbia.

Il deserto, quindi, non è un luogo morto, ma un sistema vivo e in continuo movimento. Ogni granello di sabbia fa parte di un ciclo che dura da millenni, e ascoltare il “respiro” delle dune significa entrare in sintonia con storie che la Terra racconta in silenzio, sotto i nostri piedi.

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