Immagina un canale segreto nascosto nel tuo naso, capace di captare messaggi chimici invisibili: paura, attrazione, desiderio. Negli animali, questo canale esiste davvero e si chiama organo vomeronasale, o organo di Jacobson. Potremmo definirlo un sesto senso che non percepisce odori comuni, come quello del caffè, ma feromoni: molecole speciali che scatenano comportamenti istintivi e primordiali. Pensa ai serpenti che “assaggiano” l’aria con la lingua o ai gatti e cavalli che sollevano il labbro superiore in un gesto curioso chiamato flehmen. Sono tutte manifestazioni della potenza di questo sistema.
E noi esseri umani? Qui la storia si fa misteriosa. Anche nel nostro naso, alla base del setto nasale, c’è una piccola struttura che ricorda l’organo di Jacobson. Molti scienziati lo definiscono un “organo fantasma” perché, sebbene esista in forma rudimentale, non è chiaro se funzioni ancora. Durante lo sviluppo dell’embrione, l’organo vomeronasale è presente e sembra attivo; negli adulti, però, appare come un residuo anatomico, e la sua connessione diretta con il cervello, fondamentale in altri animali, sembra essersi persa nel corso dell’evoluzione.
La maggior parte degli scienziati, infatti, è scettica, e le prove a sostegno di questa tesi sono forti. I geni che in altri mammiferi servono a interpretare i segnali vomeronasali, nel nostro DNA risultano in gran parte “spenti” o trasformati in pseudogeni, cioè frammenti genetici non più funzionanti. Inoltre, l’area del nostro presunto organo non mostra le tipiche cellule nervose sensoriali che si trovano, ad esempio, nei roditori. Senza questi recettori e senza un collegamento attivo con il cervello, come potrebbe un messaggio chimico arrivare a destinazione?
Eppure, il dibattito non è del tutto chiuso. Alcuni studi hanno notato reazioni sottili e locali a determinate sostanze chimiche, suggerendo che una minima sensibilità potrebbe essere rimasta. Ma anche se il nostro organo vomeronasale fosse davvero inattivo, la nostra percezione dei messaggi chimici non finisce qui. L’olfatto classico, quello che usiamo ogni giorno, è perfettamente in grado di captare molecole prodotte dal corpo di altre persone, influenzando in modo inconsapevole le nostre emozioni, l’attenzione e persino l’attrazione. Il confine tra “feromone” (un segnale con un effetto specifico e innato) e “chemosignal” (un segnale chimico più generico) nella nostra specie è molto sottile e ancora oggi oggetto di intense ricerche.
Cosa significa tutto questo nella vita di tutti i giorni? Anche se non esiste prova di un “feromone umano dell’attrazione” universale come si vede nei film, ci sono moltissimi indizi che i segnali chimici giochino un ruolo silenzioso ma importante nelle nostre interazioni. Ecco alcuni esempi studiati dalla scienza:
- Compatibilità genetica: istintivamente, troviamo più piacevole l’odore naturale di persone con un sistema immunitario diverso dal nostro. Il cervello, attraverso l’olfatto, potrebbe riconoscere questa diversità come un vantaggio per la salute di un’eventuale prole.
- Il pianto umano come segnale silenzioso: in alcuni esperimenti, l’odore delle lacrime emotive (prive di un odore cosciente) ha ridotto i livelli di testosterone e l’eccitazione negli uomini che le annusavano, suggerendo una forma di comunicazione chimica della tristezza.
- Il legame mamma-neonato: l’odore della pelle e delle secrezioni del seno materno guida il neonato, lo calma e lo aiuta a orientarsi. Si tratta di un canale chimico potentissimo che rafforza l’attaccamento fin dai primi istanti di vita.
In tutti questi casi, il protagonista più probabile è il nostro normale sistema olfattivo, non l’organo fantasma. La conclusione, però, è ugualmente affascinante: siamo molto più sensibili ai segnali chimici di quanto crediamo, e una parte enorme delle nostre percezioni sociali avviene attraverso il naso, operando al di sotto della nostra consapevolezza.
La storia dell’organo di Jacobson è quindi una cronaca di evoluzione. Con lo sviluppo di un linguaggio complesso, della cultura e di una vita sociale articolata, il nostro cervello ha imparato a dare priorità agli stimoli visivi e uditivi. Il canale chimico, un tempo dominante, si è affievolito. Ma affievolito non vuol dire spento. La nostra biologia conserva ancora la memoria di funzioni antiche.
La lezione è semplice: il naso non serve solo a sentire profumi. È un ponte tra il mondo esterno e le nostre emozioni più profonde. Che sia l’organo fantasma o l’olfatto tradizionale, molecole invisibili possono cambiare il nostro umore, attrarci o respingerci, e modulare la nostra fiducia verso gli altri. Non è magia, è biologia raffinata. E il mistero rimane aperto: forse il sesto senso nel naso non parla più a voce alta come un tempo, ma potrebbe ancora sussurrare.
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